Il riarmo di Ursula agita la maggioranza: Tajani e Meloni favorevoli, Salvini no
Anche Pd e M5s bocciano il piano, Conte attacca la «furia bellicista» di Von der Leyen(Ansa)
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Divide gli schieramenti, e crea qualche dubbio anche all'interno dei singoli partiti: il piano di riarmo dell'Europa da 800 miliardi annunciato da Ursula von der Leyen scuote la politica italiana e crea una grana in più nella maggioranza con Matteo Salvini che boccia l'idea di fare debito per le armi che è invece promossa da Fdi («Abbiamo sempre chiesto l'attivazione della clausola di salvaguardia») mentre Antonio Tajani difende la presidente della Commissione, presa di mira dagli alleati leghisti. Le proposte sono state discusse questa sera dalla premier e dai vicepremier in un vertice a Palazzo Chigi.
I contenuti del vertice non sono noti, ma i tre leader avevano già detto la loro. Il piano 'Rearm Europe' per Tajani farà fare «concreti passi in avanti per costruire una indispensabile difesa europea» ed era «il grande sogno di De Gasperi e Berlusconi».
Bisognerà vedere i dettagli, spiegano i meloniani, sul fronte degli investimenti comuni per evitare "sbilanciamenti" verso il semplice acquisto di armamenti che potrebbe favorire maggiormente alcuni Paesi europei (come la Francia), ma l’idea è promossa anche da FdI.
Chi non è per niente d’accordo è Matteo Salvini: «È nostro interesse spendere 800 miliardi (nostri) per comprare armi mentre la stessa Ue non ci permette di spendere pochi miliardi (nostri) per costruire scuole e ospedali?».
Anche l’opposizione boccia il piano Von der Leyen, anche se ponendo l’accento su questioni diverse. Quella di Ursula von der Leyen «non è la strada giusta» fa sapere infatti Elly Schlein dopo che dal Pd per voce di Andrea Orlando era arrivato il primo no al piano perché «quella non è la Ue che vorremmo». Per i Dem quello che serve è una «difesa comune» non una corsa al «riarmo nazionale».
Anche per l'area di base riformista, che riconosce la necessità «ineludibile di una crescita della difesa europea» il piano ha bisogno di modifiche perché «c'è poco coraggio» in direzione di un vero piano comune, come sottolinea il presidente del Copasir Lorenzo Guerini.
Un secco no arriva da Giuseppe Conte, che parla di «furia bellicista» della presidente della Commissione e non schiererà il Movimento 5 stelle nella piazza del 15 marzo, perché «siamo per una Europa più verde e solidale», non «verde militare».