Il timing per la formazione del nuovo governo dopo le elezioni è molto variabile e dipende dai risultati del voto: se ci fossero una maggioranza netta e un vincitore certo, i tempi sarebbero brevissimi. Altrimenti si potrebbero allungare, e non poco.

L’unica data certa al momento è quella del 13 ottobre, giorno entro cui si dovranno riunire per la prima volta le nuove Camere “dimagrite”, formate da 400 deputati e 200 senatori. L’articolo 61 della Costituzione prevede che i due rami del Parlamento vengano convocati “non oltre il ventesimo giorno” dal voto.

Per il resto è tutto da vedere, il presidente Mattarella ha più volte fatto capire che, visto il momento delicato – tra emergenze internazionali e crisi energetica, peraltro con tempi ristretti per varare la legge di bilancio – l’intenzione è quella di fare al più presto.

Il tempo medio per la formazione di un governo è stato di circa 30-35 giorni, ma non sono mancati esempi di periodi molto più lunghi. Nella scorsa legislatura, ad esempio, a fronte di elezioni tenute il 4 marzo 2018, il governo giallo-verde, il Conte 1, si insediò solo l'1 giugno. Viceversa nel 2001, quando il 13 maggio si affermò in modo chiaro un centrodestra unito, già l'11 giugno, quindi dopo meno di un mese, il governo Berlusconi giurava al Quirinale.

Il 13 ottobre resta in ogni caso una data spartiacque, perché deputati e senatori, dopo aver dato vita ai gruppi parlamentari, devono scegliere i presidenti di Camera e Senato. Un accordo che solitamente è un preludio a un’intesa di massima sul governo.

Una volta eletti i vertici del Parlamento, partono le consultazioni al Quirinale, con Mattarella che chiamerà i capigruppo, i leader delle coalizioni, gli ex presidenti delle Camere e i presidenti emeriti della Repubblica prima di affidare a qualcuno l’incarico di formare un esecutivo.

Incarico che può essere “pieno” quando c’è un accordo di governo, e allora il prescelto si presenterà con una lista di ministri dopo qualche giorno. O “con riserva”, come avvenne nel 2018 con Carlo Cottarelli, e in quel caso il premier incaricato svolgerà a sua volta delle consultazioni prima di sciogliere la riserva e rinunciare o presentare al Colle la lista dei ministri. C’è anche, nel caso dal voto non emergesse una maggioranza chiara, la possibilità di affidare un incarico “esplorativo” a una personalità terza per vedere se si possa dare vita a una nuova maggioranza. Incarico che sempre nel 2018 Mattarella diede ai presidenti delle Camere Casellati e Fico.

Una volta che il premier incaricato concorda la lista dei ministri con il Colle (che può anche opporsi ad alcune nomine, Scalfaro disse no a Previti alla Giustizia, Napolitano bocciò Gratteri alla Giustizia e Mattarella si oppose a Paolo Savona ministro dell’Economia), il governo può giurare al Quirinale e insediarsi formalmente. Ma poi entro 10 giorni dovrà presentarsi alle Camere per chiedere e ottenere la fiducia, solo allora sarà nel pieno dei propri poteri.

(Unioneonline/L)

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