La Corte d’appello di Cagliari ha emesso nei confronti di Francesca Barracciu – ex sottosegretaria alla Cultura nel governo Renzi – una condanna a due anni e nove mesi di reclusione, ma senza l'interdizione dai pubblici uffici. L’accusa era quella di peculato aggravato quando era consigliera regionale del Pd nell'inchiesta sui fondi destinati ai gruppi consiliari. La Procura le aveva contestato in origine spese per 77mila euro, in parte giustificate per il carburante.

L’allora esponente politica dem non andrà in carcere e potrà beneficiare dei lavori sociali.

L’anno scorso la Cassazione aveva rilevato come parte delle spese contestate fossero ormai prescritte, annullando la sentenza d'appello precedente che la condannava a tre anni e tre mesi e rinviando il procedimento a un'altra sezione della Corte di secondo grado per rideterminare la pena tenendo conto delle prescrizioni.

Oggi però i giudici cagliaritani hanno revocato le pene accessorie: l'interdizione dai pubblici uffici che avrebbe tolto a Francesca Barracciu sia il diritto di voto sia quello di candidarsi. Incandidabilità che resterebbe però per effetto della legge Severino che scatta per sentenze che diventano definitive oltre i due anni di reclusione per vari reati, tra i quali è compreso anche il peculato.

Parzialmente soddisfatto l'avvocato difensore Franco Luigi Satta, che ha sottolineato come questa condanna sia in linea con quelle inflitte agli altri ex consiglieri con le stesse imputazioni. La posizione della sua assistita era stata stralciata dal resto degli indagati del suo gruppo, ricevendo in primo grado 4 anni di reclusione. L'avvocato Satta, in ogni caso, non esclude un ulteriore ricorso alla Corte europea per i diritti dell'uomo, ritenendo che a Barracciu sia stato leso il diritto della difesa per via dello stralcio. Nel suo caso la sentenza diventerà ora definitiva, mentre gli altri hanno ricevuto nei mesi scorsi solo il giudizio di primo grado. 

(Unioneonline/s.s.)

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