Davvero non entusiasmarsi per la globalizzazione, per l'Europa dei tecnocrati e per la tecnologia anche quando fa scomparire posti di lavoro significa essere di destra? Veramente preoccuparsi per l'immigrazione fuori controllo oppure sentirsi italiani significa essere razzisti e fascisti?

Federico Rampini, corrispondente dagli Stati Uniti di Repubblica e uomo non certamente vicino né a Salvini né alla destra, non la pensa così: "Da quando in qua la paura è una cosa di destra, anticamera del fascismo? Perché dovrebbe vergognarsi chi teme di diventare più povero per la globalizzazione oppure patisce l'insicurezza di un quartiere abbandonato dallo Stato? E chi considera l'idea di nazione come un eufemismo per dire fascismo si dimentica di Mazzini e Garibaldi, due tra i padri nobili della sinistra".

Eppure, a sinistra questi sentimenti non trovano più spazio. Come mai?

"Perché le sinistre sono diventate paladine della globalizzazione anche quando impoverisce l'Occidente, si sono schierate con l'Europa anche quando a governarla sono tecnocrati. Quella attuale è una sinistra che venera i miliardari radical chic della Silicon Valley anche quando manipolano l'informazione e considerano dei guru le star di Hollywood e gli influencer sui social media, purché pronuncino le filastrocche giuste sul cambiamento climatico o sugli immigrati".

La sinistra non capisce più il popolo?

"C'è un atteggiamento molto snobistico tra i leader e gli opinionisti di sinistra, un complesso di superiorità morale che è molto consolante nel momento in cui sei minoranza".

Ci spieghi meglio.

"Molti, a sinistra, si sentono minoranza eletta, depositaria di valori e principi mentre gli altri stanno scivolando verso le barbarie, il fascismo, il razzismo. È molto confortante sentirsi pochi ma dalla parte giusta e trattare con disgusto quei bifolchi delle periferie che osano dubitare dei benefici promessi dal globalismo. Però il volgo non è diverso da com'era trent'anni fa quando votava in massa a sinistra. È la sinistra che è cambiata".

Non crede alla tanto sbandierata marea fascista in arrivo?

"Ci sono segnali inquietanti, però non si fa buona educazione alla storia, se si parla di pericolo fascista continuamente. Parlare di ritorno del fascismo perché nelle periferie si vota a destra nel momento in cui si ha paura di fronte a strade controllate da spacciatori, magari nordafricani, significa non vedere il disagio sociale, i problemi dell'immigrazione senza controllo. La sinistra chic, che abita nei quartieri bene, risponde a chi ha paura con le statistiche sulla criminalità in calo oppure parlando di multiculturalità ma senza viverla in prima persona perché gli immigrati non vivono nelle zone benestanti. Chiediamoci piuttosto, a sinistra, cosa abbiamo fatto per consegnare le periferie a Casa Pound e alla destra e non prendiamocela con l'impazzimento del popolo".

Come si inverte la rotta?

"Tornando a parlare di diritti sociali e non solo di diritti civili, affrontando quindi il grande tema del nostro tempo, quello delle diseguaglianze sempre più forti tra ricchi e poveri in Occidente. La sinistra si è appassionata in questi ultimi anni ai diritti degli ultimi, dei poveri della Terra ma ha finito per dimenticare i penultimi, che sono tanti. E sono sempre più poveri e hanno il 'difetto' per molti di sinistra di aver il nostro stesso colore della pelle, la nostra cittadinanza. Normale che poi i penultimi si vendichino votando contro".

Roberto Roveda

© Riproduzione riservata