"Se Mattarella oggi non darà la data del voto ci vedremo a Roma" ha detto Matteo Salvini durante una diretta Facebook. E ancora: "Non perdiamo la testa, sicuramente ci leghiamo al dito il fatto che qualcuno ha impedito di riprendersi parte del proprio Paese, ma ci hanno fermato questa volta, non ce la fanno la prossima, vi do la mia parola d'onore. Non si molla di un millimetro".

Ma stamattina poi ha anche aggiunto di essere "incazzato nero": "Ora voglio essere arrabbiato poi a mente fredda ragioniamo su tutto il resto - ha concluso arrivando alla Camera - L'arbitro non ha fatto l'arbitro".

Infine è tornato sulla querelle-Savona: "Era la massima garanzia di riuscire a contrattare condizioni vantaggiose per l'Italia in Europa, più di chiunque altro. Più di me e di Giorgetti sicuramente". Giorgetti era il nome proposto da Mattarella in luogo di quello dell'economista sardo al Mef.

COTTARELLI AL COLLE - Il conflitto istituzionale è esploso nella serata di ieri, con il rifiuto del Presidente della Repubblica di accettare la lista dei possibili ministri presentata dall'asse Lega-Cinque Stelle, in particolare la questione si è incentrata sul nome dell'economista cagliaritano Paolo Savona, e l'incarico affidato a Carlo Cottarelli per la costituzione di un nuovo governo - oggi la convocazione al Colle - a seguito della remissione di Giuseppe Conte.

Ma Di Maio va anche oltre, parlando di impeachment nei confronti del Capo dello Stato.

L'IMPEACHMENT - Previsto dall'articolo 90 della Costituzione, ipotizza la responsabilità del Presidente della Repubblica per alto tradimento o attentato alla Carta fondamentale. In questo caso, viene messo in stato di accusa dal Parlamento riunito in seduta comune, a maggioranza assoluta dei suoi membri.

L'ultima parola spetta però alla Corte costituzionale che, con 16 giudici aggregati estratti a sorte, emette una sentenza inappellabile.

La crisi istituzionale insomma è aperta, e la soluzione più vicina sembra quella di una lista di ministri "neutrale". Qualcosa di simile si ricorda solo nel 1964, con lo scontro tra Antonio Segni, Presidente della Repubblica, e la maggioranza di governo guidata all'epoca da Aldo Moro.

(Unioneonline/s.s.)

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