Dal socialismo di lotta a Comunione e Liberazione, passando per il comunismo di cachemire e di governo.

Sintesi un po' brutale ma veritiera della carriera politica di Fausto Bertinotti: cinquant'anni o quasi a cercare la via italiana al socialismo reale per poi trovarla - dopo il ritiro a vita privata - in Dio.

Folgorato sulla via di Rimini, sede del meeting annuale di quella Comunione e Liberazione che il Bertinotti di lotta avrebbe definito un coacervo di poteri forti con una visione della politica e della società del tutto antitetiche alla sua.

"Ciò che di voi mi interessa di più è il vostro farsi popolo, la vostra capacità di costruire la relazione. A me questo ricorda le feste dell'Unità e le relazioni con le donne e gli uomini del movimento operaio", ha detto al meeting ciellino del 2017, guadagnandosi un'autentica standing ovation del popolo di CL.

Uomo dotato di rara capacità d'analisi e di una retorica coinvolgente, di indubitabile onestà, ha tuttavia difettato di scaltrezza politica e - a tratti - anche di coerenza tra idee e azioni.

Vittima, come Casini, Fini e Boldrini, della maledizione del presidente della Camera, dice addio alla politica attiva dopo le elezioni del 2008 quando, da candidato premier della Sinistra Arcobaleno, resta fuori dal Parlamento non riuscendo neanche a raggiungere la soglia di sbarramento del 3%.

Con Pietro Ingrao, il suo mentore (Ansa)
Con Pietro Ingrao, il suo mentore (Ansa)
Con Pietro Ingrao, il suo mentore (Ansa)

GLI INIZI, LA LOTTA SINDACALE E IL SOCIALISMO - Nasce nella periferia Nord di Milano da un macchinista delle Ferrovie dello Stato e da una casalinga. Lui, che da grande sarà apprezzato per le sue qualità oratorie, prende il diploma di perito elettronico a Novara, dove nel frattempo si era trasferito con la famiglia. Lo fa nel '62, con qualche anno di ritardo per via di alcune bocciature.

Già nel '60 si iscrive al Partito Socialista. Il '64 per lui è un anno importante: entra nella Cgil e rifiuta la svolta governativa dei socialisti partecipando alla scissione dello PSIUP (Partito Socialista di Unità Proletaria) che nel 1972 confluirà nel Partito Comunista.

È il Bertinotti di lotta, che diventa leader della corrente più di sinistra della Cgil e partecipa alle grandi lotte degli operai della Fiat, sfociate nei 35 giorni di sciopero e in quella marcia dei 40mila a Torino che segnò la fine delle proteste e rappresentò una disfatta tanto per il PCI quanto per la Cgil.

Al congresso di Rifondazione Comunista (Ansa)
Al congresso di Rifondazione Comunista (Ansa)
Al congresso di Rifondazione Comunista (Ansa)

LA DISSOLUZIONE DEL PARTITO COMUNISTA - Lo sciolgimento del PCI è un momento drammatico per migliaia di militanti, e anche per Fausto Bertinotti. Inizialmente rifiuta la svolta moderata del partito, poi Pietro Ingrao - suo punto di riferimento - lo convince ad aderire al PDS. Lui lo fa, ma poi ne esce nel 1993 per iscriversi a Rifondazione Comunista, partito di cui - dopo pochi mesi - diventerà segretario. Passa poco più di un anno e Rifondazione prova a far cadere il governo Dini, salvato da una dozzina di dissidenti che poi lasciano il partito.

Con il leader no global Casarini (Ansa)
Con il leader no global Casarini (Ansa)
Con il leader no global Casarini (Ansa)

L'ULIVO DI PRODI - Nel '96 stipula un patto di desistenza con l'Ulivo, che vince le elezioni portando Romano Prodi a Palazzo Chigi. Gli attriti del governo con Rifondazione sono quotidiani, e si inaspriscono sulla riforma delle pensioni e sulla finanziaria del 1998, in occasione della quale Bertinotti non vota la fiducia e fa cadere il governo, favorendo l'ascesa a Palazzo Chigi di Massimo D'Alema (per i maliziosi sarebbe stato proprio l'allora segretario del Pds il regista dell'operazione). Evento che provoca - nella migliore tradizione della sinistra italiana - una scissione, con Dilibero e Cossutta che lasciano Rifondazione e danno vita al Partito dei Comunisti Italiani. Il partito indebolito fa flop alle europee del '99 e decide di correre da solo alle politiche del 2001. Prende il 5% e conquista qualche seggio in Parlamento, risultando decisivo nella sconfitta del centrosinistra di Rutelli. A Palazzo Chigi ci va Berlusconi e per Bertinotti inizia una lunga stagione all'opposizione. Tra un salotto romano e l'altro partecipa a diversi cortei no global che culmineranno nelle violente manifestazioni al G8 di Genova e nella morte di Carlo Giuliani.

Con Romano Prodi (Ansa)
Con Romano Prodi (Ansa)
Con Romano Prodi (Ansa)

IL DISGELO, L'UNIONE E IL NUOVO GIOCO AL MASSACRO CONTRO PRODI - A un anno dalla sconfitta elettorale ritorna l'alleanza con il centrosinistra, che vince amministrative e regionali. Nel 2004 entra anche nel Parlamento europeo, e un anno dopo partecipa alle primarie dell'Unione, che perde arrivando secondo alle spalle di Romano Prodi. Lo stesso professore che vince le elezioni del 2008 con una maggioranza risicata in termini di numeri e molto variegata, che va dai centristi di Mastella ai comunisti appunto. Bertinotti va sullo scranno più alto di Montecitorio. Le sue critiche all'esecutivo del professore sono un vero e proprio stillicidio, un presidente della Camera decisamente poco istituzionale. Prima definisce Prodi "il più grande poeta morente". Poi, quando il professore ottiene la fiducia al Senato per un paio di voti, dichiara: "Il malato ha preso un brodino". E quando afferma che "il progetto di governo è fallito" a Prodi è chiaro che il suo esecutivo è ormai sull'orlo del precipizio. Lo fa cadere definitivamente Mastella per un'inchiesta giudiziaria che coinvolge lui e la moglie, ma il leader dell'Udeur è solo esecutore di un avviso di sfratto dato più volte da Bertinotti. La fine del governo Prodi è anche la fine politica del leader di Rifondazione. Che nel 2008 fa il candidato premier di Sinistra L'Arcobaleno, prendendosi una sonora sconfitta (non supera la soglia di sbarramento e resta persino fuori dal Parlamento) e dando l'addio alla politica con le seguenti parole. "La mia vicenda di direzione politica termina qui, purtroppo con una sconfitta. Lascio ruoli di direzione, farò il militante. Un atto di onestà intellettuale impone di riconoscere questa sconfitta come netta, dalle proporzioni impreviste che la rendono anche più ampia". Prodi si vendica con un commento lapidario sulla disfatta elettorale: "Ognuno dorme nel letto che si è preparato".

Con la moglie alla festa del Cinema di Roma (Ansa)
Con la moglie alla festa del Cinema di Roma (Ansa)
Con la moglie alla festa del Cinema di Roma (Ansa)

IL CACHEMIRE, I SALOTTI E LA VITA PRIVATA - È sposato da cinquant'anni con Gabriella Fagno, nota come Lella Bertinotti. Perché Lella? "Una pessima scelta di mio marito: per via della erre moscia ha cambiato il nome da Gabriella in Lella". Insieme i due hanno frequentato i salotti di nobili e contesse romane. Non proprio roba da comunisti. Frequentazioni che, assieme agli immancabili maglioncini di cachemire, sono costate molto a Fausto. "L'acrilico è orribile", avrà modo di dire in un'intervista. Di giorno in piazza coi no global e con Casarini, di sera nei salotti pariolini delle nobildonne romane: "Vado nei salotti come vado nelle piazze o in Parlamento: per affermare ovunque il diritto all'alterità della sinistra antagonista", si giustificava. Ma ora che ha lasciato la politica e ha uno sguardo più distaccato sulla sua lunga avventura, fa una mezza ammissione di responsabilità: "Pensavo che quella vita così proba mi mettesse al riparo dall'accusa di complicità con un altro mondo, ma avrei dovuto essere più avveduto".

Al meeting di Comunione e Liberazione a Rimini (Ansa)
Al meeting di Comunione e Liberazione a Rimini (Ansa)
Al meeting di Comunione e Liberazione a Rimini (Ansa)

BERTINOTTI OGGI - E oggi, con quella capacità d'analisi che gli va indubbiamente riconosciuta, ammette le ragioni del populismo di destra: "È una risposta alla domanda che viene dal basso della società, dagli esclusi, da coloro che sono tagliati fuori dalle elites, la Le Pen ha compreso questo cambiamento, di qui il suo successo". Il conflitto, insomma, non è più tra destra e sinistra. Si è spostato tra l'alto e il basso. E lui - Bertinotti - tra l'alto e il basso ha scelto l'Altissimo. Folgorato sulla via di Rimini, si è gettato tra le braccia di Comunione e Liberazione. Il meeting ciellino è diventato tappa fissa per lui, capace di conquistarsi gli applausi scroscianti del pubblico di quella che è considerata una delle lobby più influenti in Italia.

"La sinistra si è disfatta della storia, CL no. Quel che più mi interessa di Comunione e Liberazione è la formazione di un popolo. A me ricorda la storia migliore, quella delle feste dell'Unità, dell'organizzazione comunitaria e degli scioperi". Tutto questo senza dimenticare di essere uno "che ha ancora in tarda età l'ambizione di dirsi comunista".

Davide Lombardi

(Unioneonline)
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