A lla fine del secolo scorso - a dirlo così sembra tanto tempo, in realtà sono passati appena vent'anni! - in una casa cagliaritana non lontana da Piazza Giovanni XXIII una madre annunciò: «Oggi riordineremo la cantina». Sbuffi, proteste. I figli non ne volevano sapere di sacrificare in quel modo una giornata di sole. Invece l'esplorazione della cantina si rivelò presto un'esperienza emozionante, un viaggio nei ricordi capace di offrire in dono una lunga serie di oggetti che erano stati dimenticati. Cose care, che - però - avevano smesso di essere utilizzate e, per questo, erano state relegate nel buio.

Ora, finalmente, riprendevano vita, come ancore emozionali: sommerse, ma solide, nascoste alla vista ma sotterraneamente presenti nella memoria. Tra biglie, giochi di società, caleidoscopi, vecchi quaderni di scuola e i vagoni di un trenino elettrico saltò fuori anche un vecchio libro del 1939 intitolato “Aneddoti Carducciani”, pubblicato dalla casa editrice Bietti di Milano. Il volume, infragilito dal tempo e macchiato dall'umidità, attirò fin da subito l'attenzione di tutti. Tanti anni prima era stato comprato al mercatino del Bastione e, presto, dimenticato. Lo si sfogliò con delicatezza. Le pagine erano fragili quanto le ali di una farfalla e le cuciture della rilegatura non erano più robuste come un tempo.

“Io della mia infanzia non ho memorie né belle, né buone, né curiose”, lesse la madre, a voce alta, da una pagina a caso. E i figli ascoltarono in silenzio le parole di Giosuè Carducci.

Di aneddoto in aneddoto, la lettura proseguì fino a che, non più stretta fra le pagine, una banconota francese da mille franchi ondeggiò in aria e cadde al suolo. Era rimasta custodita da quel libro per più di sessant'anni.

La mattina seguente un esperto in numismatica ne stimò il valore in un milione di lire. La banconota fu venduta e, con il ricavato, la famiglia poté fare una lunga vacanza a Villasimius.
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