I l vero tabù in Italia è quello delle tasse. Nel senso che ragionare su come ridurle cospicuamente è quasi impossibile. Se proponi un dibattito sull'argomento, puoi star certo che la stragrande maggioranza di commentatori ed economisti si troverà d'accordo nel ripetere il solito mantra. Ovvero: diminuire la pressione fiscale significherebbe aumentare ancora di più il già enorme debito pubblico e mettere a rischio l'erogazione di servizi indispensabili ai cittadini, in primis sanità e istruzione.

Obiezioni fondate, ovviamente, ma non insuperabili. Credo infatti che ci troviamo di fronte al classico caso del cane che si morde la coda. Perché il nostro Pil, l'occupazione, l'equilibrio dei conti del welfare sono in difficoltà proprio perché gli eccessivi carichi fiscali (arrivati a livelli mostruosi) frenano ogni possibilità di ripresa.

Al cospetto di una crisi che è ormai endemica assistiamo pressoché inermi all'agonia del ceto medio, quel piccolo grande esercito di formiche italiane che ci ha sempre tenuto in piedi e i cui risparmi hanno consentito agli analisti di concludere che siamo una nazione solvibile ed economicamente solida, nonostante tutto. Ma ora quella fascia di popolazione non spende più poiché non è in grado di farlo. Ciò frena lo sviluppo, e come conseguenza assai indesiderata, i presupposti per ulteriori tasse, che vanno solitamente a gravare sui costi del lavoro e soprattutto sulla casa, da sempre il bene primario degli italiani. E però bloccando l'edilizia viene immobilizzata la leva principe della nostra economia. (...)

SEGUE A PAGINA 11
© Riproduzione riservata