L 'Europa sta inondando di liquidità i Paesi dell'Unione per contrastare la recessione causata dalla pandemia da Covid-19. La Bce ha deciso di aumentare di 600 miliardi, dai 750 attuali, la dotazione del programma temporaneo di acquisti di titoli pubblici e privati Pepp (Pandemic emergency purchase programme), lanciato a marzo proprio per contrastare l'impatto della pandemia sulla politica monetaria e sul futuro dell'area euro. Il Pepp ora vale 1.350 miliardi e la Bce ha esteso la sua durata da fine anno ad almeno la prima metà del 2021 e in ogni caso finché «non riterrà conclusa la fase critica legata al coronavirus». A beneficiarne in misura maggiore sarà proprio l'Italia, come i mercati hanno già segnalato con una decisa riduzione dello spread di circa 40 punti.

Quanto alla Commissione, c'è l'impegno per la gestione immediata della crisi con il programma “Sure” (un prestito agevolato per la cassa integrazione, disponibile a settembre, che per l'Italia può arrivare fino a 20 miliardi) e con la nuova linea di credito sanitaria e senza condizioni del Mes (Meccanismo europeo di stabilità) disponibile subito.

Q uest'ultima per noi può valere fino a 40 miliardi, perché il 2% del Pil è da intendere come valore di riferimento e non come vincolo stringente. Inoltre, se utilizzato a dieci anni, l'Italia pagherebbe un interesse dello 0,08%, quasi irrisorio rispetto a quello pagato sui Btp decennali, e potrebbe addirittura essere ripagata dal Mes con interessi negativi se rimborsasse il prestito prima del decennio.

Perciò, le polemiche sul Mes rasentano il ridicolo, perché si tratta di un'occasione unica per migliorare e rafforzare le nostre strutture sanitarie. Sarebbe irragionevole perdere l'occasione. Infine, per la ricostruzione c'è il Recovery Fund, con una disponibilità di fondi riservati all'Italia sino a 172 miliardi nei prossimi sette anni, di cui 81,8 a fondo perduto e il resto da prendere ai tassi d'interesse bassi riservati alla Commissione e rimborsabili a lunghissima scadenza tra il 2028 e il 2058. Perciò, tutto si può dire salvo che l'Europa non sia venuta in soccorso dell'Italia nel momento del bisogno.

Alle politiche della Bce e della Commissione, infine, va aggiunta la decisione di sospendere i vincoli del Patto di stabilità sui programmi di spesa nazionali. Ciò ha consentito all'Italia di approvare le recenti due manovre straordinarie dei decreti “liquidità” e “rilancio”, per un valore complessivo di 80 miliardi interamente finanziati in deficit. I dubbi semmai sorgono con riguardo all'efficienza che la Pubblica Amministrazione sta dimostrando di avere nella gestione pratica dell'ingente mole di fondi a disposizione, su cui esistono molte riserve. Al riguardo si è espressa anche la cancelliera Merkel, sostenendo che la Ue vigilerà sull'impiego dei soldi. Si discute molto in questi giorni di quale sia lo strumento più idoneo da utilizzare per il perseguimento di questi obiettivi. Il premier organizza gli “Stati generali dell'economia” e parla di Piano di rinascita, ma lo strumento giusto non può che essere il Programma nazionale di riforma (Pnr), che il governo italiano deve comunque presentare a Bruxelles entro settembre. L'Italia è l'unico Paese che non lo ha mandato ad aprile, la scadenza prevista, che è stata invece rispettata dagli altri Paesi. Usare il Pnr per elaborare e presentare la cornice della spesa anti-pandemia ha molti vantaggi, tra cui anche quello di ricondurre ad esso la stessa proposta del premier di consultare le parti sociali negli Stati generali dell'economia. Il Pnr, che è il documento più congruo per dialogare con la Ue, deve partire proprio dai temi già indicati nelle raccomandazioni di maggio. Tra questi, quello della sburocratizzazione della PA è diventato a questo punto il più impegnativo.

BENIAMINO MORO
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