E’ durata solo due minuti, con rinvio al 7 dicembre, la seconda udienza del processo a Patrick Zaki che si svolge nel tribunale di Mansura.

La legale del giovane studente Hoda Nasrallah ha chiesto un rinvio per poter studiare gli atti, che dopo un anno e mezzo di carcerazione preventiva di Zaki non ha ancora ricevuto. L’avvocato ha anche chiesto una copia autenticata del fascicolo dato che finora vi ha avuto accesso solo in consultazione presso uffici giudiziari, senza dunque poterlo studiare adeguatamente. Il giudice monocratico si è ritirato per decidere sulla richiesta.

Patrick Zaki è stato portato nella gabbia degli imputati in manette: “Come se fosse un pericoloso criminale”, osserva Amnesty International Italia.

Qualche minuto dopo l'ingresso di Patrick nella gabbia degli imputati, prima ancora che la sua udienza iniziasse, la sessione è stata interrotta e Patrick ha parlato con due avvocati e bevuto un po' d'acqua. Padre e sorella erano seduti a un paio di metri dalla gabbia. Presente anche un dirigente della ong “Eipr” per cui Zaki lavorava.

Il giovane non ha preso parola durante l’udienza, a cui hanno presenziato anche un diplomatico italiano, uno spagnolo e uno canadese nell’ambito di un monitoraggio processuale Ue a trazione italiana che coinvolge anche Paesi extra-europei.

Patrick è accusato di diffusione di notizie false, rischia fino a cinque anni di carcere.

Ma in questi giorni sulla stampa italiana è circolata la notizia secondo cui, stando a quanto riferiscono gli avvocati del giovane, restano a carico del ricercatore anche i capi d’accusa iniziale, quelli di propaganda sovversiva e terroristica, legati a presunti post pubblicati su Facebook e mai visionati dai suoi avvocati. “Enorme la preoccupazione perché le accuse più gravi, quelle di propaganda sovversiva e terroristica, potrebbero essere ancora in piedi”, è il commento di Amnesty International Italia.

(Unioneonline/L)

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