Ufficialmente, dovrebbe assicurare una cornice formalizzata di intervento stabile, continuativo e strutturale, per la cooperazione nel contesto delle relazioni tra i due Paesi sottoscrittori al pari del Trattato dell’Eliseo e di quello di Aquisgrana che, a loro tempo, avevano stigmatizzato i termini essenziali della cooperazione franco-tedesca. Sempre ufficialmente, dovrebbe assicurare all’Italia la acquisizione di una posizione di rilievo nell’ambito del rapporto privilegiato, e finora unicamente bivalente, già sussistente tra Francia e Germania. Ancora ufficialmente, siffatta intesa rafforzata per intenderci, dovrebbe contribuire a contro-bilanciare, in Europa, il peso della Germania, troppo spesso sostenuta dai cosiddetti “frugal four” nell’attuazione di politiche “austere” in termini di diritti economici e sociali.

La realtà, tuttavia, sembrerebbe, come di fatto si appresta ad essere, come tutt’altra. Non fosse altro per il fatto di non riuscire a conseguire alcun che all’atto pratico malgrado sia stata salutata con grande favore dagli “ingenui”, o forse “ipocriti”, del diritto e del contesto sopra-nazionale di immediato riferimento. Intanto, perché Francia e Italia, ossia, più correttamente, Emmanuel Macron e Sergio Mattarella per essere stato Mario Draghi una pura e semplice comparsa di circostanza avente natura e funzione formalistica di rappresentanza, sono venuti meno a quello che avrebbe dovuto essere un onere su di essi solo gravante, ossia all’onere di estendere gli effetti vincolanti di quell’intesa proprio alla Germania nel suo riconosciuto ed indiscusso ruolo di “Paese Pilota”, rimanendo così destinati, per errore e/o per sottile ed opportunistica determinazione, “a fare i conti” sempre e comunque con un “Oste” assai poco accomodante quale contraddittore necessario ma pur sempre “pactum solutus”.

Quindi, perché, con buona pace degli “ingenui” e/o “ipocriti” sopra richiamati, lungi dal potersi qualificare nei termini riduttivi di una “dimenticanza” qualunque, la mancata inclusione della Germania nel contesto di una Intesa che vorrebbe riproporsi di ridisegnare la mappa degli equilibri di potere all’interno dell’Unione, pare essere stata direttamente voluta e, ad essere maligni, intenzionalmente deliberata, proprio dai massimi esponenti franco-tedeschi, e proprio per scongiurare il rischio di vincolatività derivante dalla conseguente osservanza e/o anche solo tacita tolleranza, dell’Intesa “minor” franco-italiana, la quale, con buona verosimiglianza, parrebbe preordinata ad assicurare alla Francia, e quindi ad Emmanuel Macron, uno spazio di intervento maggiore nel contesto delle relazioni con la stessa Germania, sua storica “nemica amatissima”. Infine, perché a conti fatti, e anche a tutto voler concedere, questa “Intesa Rafforzata”, finisce solamente per imbrigliare l’Italia, rendendola partner inoffensivo e (in) direttamente dipendente dall’Intesa “major” franco-tedesca nella articolata dinamica dei rapporti interni all’Unione quale entità giuridica e sociale complessivamente considerata. Siamo insomma incappati “felici e contenti”, e per l’ennesima volta, in un “cul de sac”: avevamo l’opportunità di contribuire al cambiamento degli assetti comunitari ed abbiamo finito per confermare, rafforzandolo, il solito asse franco-tedesco. Quanto più trascorrono i mesi, tanto più sembra rivelarsi, e ribadisco doverosamente e rispettosamente il “sembra”, la trama del ricamo ordito e voluto dal Presidente Sergio Matterella attraverso la creazione di un Governo di Unità Nazionale a guida di Mario Draghi da Lui direttamente voluto e sollecitato, quale figura dirimente del contesto europeistico, le cui finalità sarebbero fin da principio, e forse, dovuto essere “altre” rispetto a quelle annunciate. Intendiamoci: non si tratta di sterile scetticismo, e neppure di acritico spirito di contestazione, siccome ogni valutazione al proposito avrebbe potuto essere di segno contrario laddove a questa Intesa Rafforzata e/o Trattato di Roma e/o che dir si voglia, avesse preso parte pure la Germania sottoscrivendola/o per accettazione. Così non è stato. Insomma, diciamocelo chiaramente e senza ipocrisie di circostanza: se insieme a Parigi e Berlino, Roma avrebbe potuto sostenere una leadership all’interno dell’Unione Europea da contrapporre al blocco dei Paesi di Visegrad e dei cosiddetti Frugali (amici strettissimi della Germania peraltro) nell’esplicazione delle questioni politiche di più sensibile interesse (ossia quelle migratorie e quelle relative al patto di stabilità), insieme alla sola Parigi, Roma, resta invece relegata al rango di “stampella” di rinforzo della prima da utilizzare all’occorrenza in danno di Berlino e della sua corona di staterelli “pervenuti” e “pretenziosi”.

Tanto più allorquando si consideri che i contenuti dell’Intesa in discorso, furono appositamente meditati proprio da Emmanuel Macron fin dall’anno 2018 solo per arginare, ma non interrompere si badi bene, lo stra-potere della Cancelliera Angela Dorotea Merkel. A ben considerare, dunque, spesso e volentieri, purtroppo, erronee valutazioni hanno condotto ad analisi fuorvianti, a conclusioni non condivisibili perché supportate da intenti sotto-intesi, o da dietrologie spicciole, che hanno finito per ingenerare un male maggiore rispetto a quello che si diceva di voler scongiurare. Il tutto, al netto di ogni doveroso e dirimente rilievo di carattere costituzionale in merito alle modalità di pattuizione di un Trattato di tal fatta, nell’ambito delle quali il Parlamento italiano è stato privato in radice, per quanto ci è dato sapere, della possibilità di prendere visione del contenuto dell’accordo ed esprimere il proprio parere al riguardo.

Circostanza, quest’ultima, senz’altro gravissima se solo si considera che la eventuale portata di quell’Intesa zoppicante e sbilenca dovrebbe misurarsi con un contesto internazionale che si profila, all’attualità, di ostacolo al perfezionamento gradato e progressivo del “modello sociale europeo” per il crescente avanzare delle potenze asiatiche. Insomma, se i tempi potevano ritenersi maturi per la condivisione di un serio progetto riformista europeo, le menti, all’evidenza, non lo erano ancora.

Giuseppina Di Salvatore

(Avvocato – Nuoro)

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