Ha provocato una strage l'enorme frana che ha colpito nella notte tra giovedì e venerdì una zona montuosa e quasi inaccessibile di Papua Nuova Guinea: finora sono stati ritrovati solo cinque corpi, ma la prima stima avanzata da un funzionario locale dell'Onu due giorni dopo il disastro, parla di almeno 670 persone rimaste sepolte sotto terra.

Un bilancio decisamente parziale: secondo la stessa agenzia il numero dei morti «probabilmente sarà più alto» anche a causa dell'afflusso nella zona di tante persone, in fuga dai conflitti tribali nelle aree vicine.

Si valuta che lo smottamento abbia travolto circa 150 case, divise in sei villaggi, abitati da almeno 4 mila persone. Secondo gli esperti il conto definitivo delle vittime sarà comunque difficile da stabilire con certezza data la vastità della zona interessata: la frana ha accumulato detriti fino a 8 metri di altezza in un perimetro pari a 4 campi di calcio. Ma l'area danneggiata è molto più vasta, oltre 200 chilometri quadrati.

Secondo alcuni media locali, la frana potrebbe essere stata provocata dalle forti piogge delle ultime settimane: del resto, come certifica la Banca Mondiale, la Papua Nuova Guinea ha uno dei climi più piovosi del mondo. Inoltre, come avvertono da tempi diversi esperti, proprio l'aumento delle precipitazioni legate ai cambiamenti climatici potrebbe aumentare il rischio di frane.

(Unioneonline)

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