«La guerra civile è cominciata». Con queste parole Yevgeny Prigozhin, capo della milizia mercenaria Wagner, aveva comunicato, nelle prime ore di sabato, l’ammutinamento dei suoi mercenari, in dissidio con i vertici delle forze armate russe al fianco delle quali la brigata ha combattuto sin dall’inizio dell’invasione in Ucraina.

«Siamo 25mila, pronti a morire», aveva aggiunto Prigozhin. E ancora: «Non vogliamo che il Paese continui a vivere nella corruzione e nella menzogna. Siamo patrioti, e coloro che sono contro di noi sono quelli che si sono riuniti intorno ai bastardi».

Dopo l’annuncio, in poche ore i miliziani della Wagner sono riusciti a prendere il controllo della città di Rostov, snodo fondamentale per l’offensiva in Ucraina, dando anche il via a una marcia senza opposizione verso Mosca. 

Un’avanzata durata fino al tardo pomeriggio, quando dallo stesso Prigozhin è arrivato l’ordine di stop e ritirata «per non versare sangue russo, da una parte o dall’altra».

A mediare tra lo Zar e il capo dei mercenari è stato Aleksandr Lukashenko, presidente della Bielorussia, il primo a dare l’annuncio della fine del putsch della brigata ribelle. 

L’entourage di Lukashenko ha fatto sapere che le parti si sono trovate d’accordo «sull'inammissibilità di scatenare un sanguinoso massacro sul territorio della Russia».

«Al momento, è sul tavolo un'opzione assolutamente vantaggiosa e accettabile per risolvere la situazione, con garanzie di sicurezza per i combattenti Wagner», ha aggiunto il servizio stampa di Minsk.

E, da quanto si apprende, la Wagner ha lasciato anche le posizioni conquistate a Rostov e si prepara a tornare al fronte ucraino. 

Ma è stata vera ribellione? Una dimostrazione di forza? Oppure un bluff? C’è stata una trattativa? E chi ha ottenuto cosa? Domande ancora senza risposta. Di certo la manovra spericolata dell’ex “cuoco di Putin”, come viene soprannominato, ha attirato su di sé gli occhi del mondo. 

LA MARCIA - Erano poco più di 20mila i miliziani che avanzavano apparentemente senza incontrare resistenza. I dubbi sono tanti: l'opera individuale di un personaggio che si è montato la testa fino a perdere il senso della realtà o l'azione di qualcuno che ha alle spalle poteri superiori? Se si scarta la prima ipotesi, quella dell'impresa suicida di un pazzo, resta la possibilità che Prigozhin si sia mosso con l'appoggio di personaggi influenti. E allora: o il capo della Wagner è utilizzato da qualcuno ad alto livello - magari un gruppo di oligarchi scontenti dell'andamento del conflitto in Ucraina - per eliminare Putin oppure è lo stesso Cremlino a servirsi di un alleato da sempre fidato per scopi che al momento non sono chiari.

In serata il Cremlino ha annunciato che la Russia non perseguirà penalmente i combattenti di Wagner. Mentre l'inchiesta penale contro Yevgeny Prigozhin sarà sospesa e il capo della Wagner andrà in Bielorussia. Infine, recita sempre la nota, la fallita ribellione di Wagner «non influenzerà in alcun modo» l'offensiva russa in Ucraina. 

GLI SCENARII leader del G7 hanno avuto colloqui telefonici convulsi per fare il punto della situazione e immaginare possibili scenari. 

Vladimir Putin, dal canto proprio, mentre a Mosca venivano evacuati gli edifici pubblici e sospese quasi tutte le principali attività, si è presentato in tv per parlare alla Nazione. Un discorso duro, durante il quale ha tacciato la Wagner e il suo leader di «tradimento» e di aver «pugnalato il Paese alle spalle», per poi assicurare punizioni esemplari per i responsabili della ribellione. 

Ora tutto appare sospeso e congelato. E il conflitto in Ucraina continua. La Russia assicura che «gli obiettivi continueranno a essere perseguiti», ma per il leader di Kiev Volodymyr Zelensky «Putin ora è molto spaventato e probabilmente si nasconde da qualche parte, senza mostrarsi. Sono sicuro che non è più a Mosca. Sa di cosa ha paura, perché lui stesso ha creato questa minaccia».

(Unioneonline/l.f.)

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