Il presidente russo Vladimir Putin non lascia spazio ai dubbi sul destino del conflitto in Ucraina: «Alla fine bisognerà arrivare a un accordo». A smorzare l’ondata positiva di queste dichiarazioni, il leader del Cremlino aggiunge un “ma”: «Il problema, afferma, è la mancanza di fiducia con le controparti occidentali, che hanno trasformato l'Ucraina in “una colonia” e sfruttano gli ucraini come “carne da macello” contro la Russia». 

A questo proposito cita anche un presunto “tradimento” da parte della ex cancelliera Angela Merkel che ha affermato qualche giorno fa – in un'intervista a Die Zeit –  che gli accordi di Minsk del 2014-2015 sono stati un modo per «dare tempo» a Kiev perché all'epoca Mosca «avrebbe potuto facilmente schiacciare» l'Ucraina. «Ero sempre partito dal presupposto che la leadership tedesca fosse sincera con noi», ha rimarcato lo zar che ha ammesso inoltre l’esistenza di «problemi logistici persistenti» nell'operazione militare in Ucraina, a partire da quelli di approvvigionamento delle truppe al fronte. Ha inoltre dichiarato che la Russia è pronta a «cancellare dalla faccia della terra» chiunque attacchi il Paese con armi nucleari, pur escludendo di voler lanciare un primo attacco atomico preventivo.

Lo zar ha approfittato di una conferenza stampa a Bishkek, in Kirghizistan, al termine di un vertice dell'Unione economica euroasiatica che riunisce diversi Paesi ex sovietici, per fare anche il punto sulla risposta della Russia al price cap occidentale sul suo petrolio esportato via mare.  La reazione verrà ufficializzata nei prossimi giorni e potrebbe comprendere, ha detto Putin, una riduzione della produzione di greggio, oltre al rifiuto già annunciato di venderlo ai Paesi che applicano il limite al prezzo. La decisione, a suo dire, non avrà conseguenze negative sull’economia di Mosca che già vende il suo petrolio Urals a circa 60 dollari al barile, prezzo imposto come tetto dagli occidentali.

Intanto i diplomatici russi e americani si sono incontrati nuovamente a Istanbul. I dirigenti di Mosca però hanno sminuito l'importanza di questo e dei tanti altri colloqui intercorsi negli ultimi mesi tra ministri della Difesa, consiglieri per la sicurezza nazionale e capi dell'intelligence esterna dei due Paesi. «Non abbiamo parlato di Ucraina» sono ormai le parole d'ordine usate dopo la notizia di ogni discussione. Nella città turca gli inviati americani e russi avrebbero invece questioni “spinose” nei rapporti bilaterali, quali la concessione di visti, scambi diplomatici e il funzionamento delle rispettive sedi diplomatiche, ha detto una fonte all'agenzia di stampa russa Tass.

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(Unioneonline/v.f.)

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