Mentre in Italia Mario Draghi cerca disperatamente di ritagliarsi un ruolo nel contesto del conflitto russo-ucraino siccome sopraffatto dal timore, più che fondato, di sprofondare nell’ “anonimato”, in Francia, due grandi leader, espressione di fronti contrapposti, Emmanuel Macron e Marine Le Pen, si sfidano a “a singolar tenzone” contendendosi la Presidenza del Paese. A favore di quale dei due, dunque, i francesi, dovrebbero esprimere la loro preferenza? Quale istinto, e/o quale ispirazione, dovrebbero seguire al fine di operare una scelta opzionale tra due distinte concezioni del Paese nei suoi rapporti di forza interni e nelle sue relazioni internazionali? Quali circostanze possono contribuire a dirigere e condizionare una scelta siffatta nella consapevolezza delle potenziali conseguenze pratiche/giuridiche/politiche e relazionali di quella opzione? Perché, ancora una volta, non potrà essere Marine le Pen a prevalere nella competizione elettorale?

Intendiamoci tuttavia: non si tratta di disporre di una “lampada magica” e/o di discorrere puramente e semplicemente di un evento che, tutto sommato, appare come sopra-valutato in ragione della ovvietà del suo esito. Si tratta, piuttosto, di capire perché le destre cosiddette “sovraniste” (quasi a voler significare, ed in ciò errando, che le sinistre, invece, non lo siano), eccezion fatta per la più nota e vilipesa delle “esperienze storiche”, non riescano, all’attualità, ad imporsi seriamente e diffusamente quali forze di governo. E si tratta pure di capire quanto, e come, l’europeismo ed i suoi valori fondanti siano effettivamente radicati nel tessuto sociale di stampo francofono. In buona sostanza, e traducendolo in soldoni, si tratta di comprendere, quindi, quanto e/o cosa, il Popolo Francese è disposto a sacrificare siccome tanto l’una, quanto l’altra scelta, sarà tutt’altro che priva di conseguenze.

E sono convinta, anzi, profondamente convinta, che saranno le rispettive rappresentazioni narrative del prossimo futuro del Paese a fare la differenza, a porsi quale ago della bilancia in merito alla scelta, a fare presa su un Popolo che, malgrado episodici fenomeni di nazionalismo esasperato ed estremista anacronisticamente inteso, è noto per il fatto di prediligere la moderazione gratificante e rassicurante del proprio “leader maximus”. In altri termini, e per meglio intenderci: se gli Italiani, generalmente, e soprattutto negli ultimi anni, si sono mostrati responsivi rispetto alle sollecitazioni strumentali di chi abbia manifestato una maggiore sensibilità, sebbene nella inconcludenza dell’atto pratico, rispetto alle preoccupazioni della gente comune legate al quotidiano, in Francia, malgrado l’innegabile impegno promozionale di Marine Le Pen in tal senso, siffatta equazione, potrebbe non riflettere gli effetti attesi e sperati.

La ragione di siffatta condizione, è a tal punto scontata da neppure abbisognare di ulteriori specificazioni. Intanto, perché il “nazionalismo” francese, quello radicato intendo, passa attraverso, e si fonda, sulla idea europeista, fortemente connotata dalla convinzione che l’essere francesi si traduca e si declini nell’essere innanzitutto “cittadini europei”, nonostante tutto e nonostante tutti. Quindi, perché, la propaganda sui fenomeni migratori così insistentemente sdoganata da Marine Le Pen, non solo finisce con lo sfondare una porta oramai aperta ed in quanto tale dal risvolto indolore, ma non può in alcun modo fare breccia nel cuore del suo Popolo, abituato a vivere secondo le dinamiche dell’integrazione e dell’inclusione riflesse, addirittura, e da diversi anni orsono, pure nelle strutture architettoniche ed urbanistiche della Sua Capitale.

Infine, perché, innegabilmente, i sentimenti antieuropeisti, sono sicuramente meno diffusi rispetto a cinque anni fa in seno ad una popolazione che, “mutatis mutandis”, si è sempre mostrata disponibile a concepire il proprio futuro nel contesto di una dimensione sopra-nazionale rafforzata nell’ambito della quale esprimere la propria supremazia. Da questo punto di vista, la forza di Emmanuel Macron, che indubbiamente finirà con il prevalere, è stata, ed è, proprio quella di legare indissolubilmente i suoi ardimentosi programmi di riforma interna, alla sua concezione, non meno ambiziosa e serrata, di rilancio e rafforzamento del processo di integrazione europea, collocando la propria azione politica sul binario concorrenziale parallelo direttamente parametrandolo a quello di Berlino, nell’ottica del costante consolidamento di un asse, quello franco-tedesco, da sempre vincente nel contesto Unionale.

Rispetto a Colei che viene definita, quasi con sufficienza, quale “Donna di Stato”, Emmanuel Macron, quale Presidente uscente, ha da sempre caldeggiato e favorito l’affermazione di una strategia “globale” e “globalizzante” diretta ad amplificare il ruolo internazionale di Parigi contribuendo, per ciò stesso, a rendere di fatto la Francia una potenza “mediatrice” e “mediana” capace di proporsi quale elemento propulsore di cambiamento in Europa ed, in quanto tale, a proporla quale interlocutore affidabile rispetto alle altre potenze mondiali: Cina, Russia e Stati Uniti. Semmai, l’ostacolo di tempi venutisi ad imporre, dovrebbe indurre lo stesso Emmanuel Macron a rivedere talune posizioni strategiche ritenute fino ad oggi rassicuranti, se davvero volesse rendersi interprete e protagonista di una sfida innovativa sussumibile nella esigenza di comprendere i cambiamenti mondiali in atto per soddisfare le necessità di una vecchia e disgregata Europa che necessita di essere predisposta all’adattamento a questo innovativo processo di cambiamento degli assetti globali che all’evidenza, Marine Le Pen, chiusa nei suoi istinti nazionalistici primordialmente intesi, non potrebbe mai essere in grado di rappresentare se non contraddicendo la propria storia politica ed il suo percorso di crescita formativa.

Tuttavia, e parimenti, è impensabile che possa essere la sola volontà di un Leader (Emmanuel Macron), peraltro poco incline a condividere il condizionamento e l’assetto strategico degli altri competitor europei, a rendere attuale e concreto il summenzionato processo di cambiamento, siccome quest’ultimo, ben lungi dall’essere imposto sic et simpliciter ai cittadini europei, non può che erigere le proprie fondamenta sul concetto sempre verde del rispetto dei valori del pluralismo che connotano l’Unione Europea unitariamente intesa così come le differenti comunità che la compongono. Diversamente, Marine Le Pen, nell’ipotesi, sinceramente non creduta, di vittoria, avrà dinanzi a sé il compito, forse meno semplice, di predisporre il Paese ad accogliere il proprio ri-posizionamento all’interno delle dinamiche politiche europee, e di ridisegnare l’assetto dei rapporti tra la stessa Francia, Bruxelles, Mosca e Budapest.

Quanto all’Italia, invece, e alle recenti politiche portate avanti da Mario Draghi quale vassallo sollecito della Potenza Atlantica a Stelle e Strisce, certamente, l’ingresso di Marine Le Pen all’Eliseo contribuirebbe a rendere più incerti e vacillanti i rapporti relazionali ed il dialogo tra i due Paesi, favorendo non solo il progressivo isolamento degli stessi, ma anche il graduale processo di sgretolamento di quel che ancora resta dell’Unione Europea come tradizionalmente intesa. Insomma, a ben considerare, il nodo centrale attorno al quale si struttura il complesso delle potenziali risposte agli innovativi quesiti mondiali, pare destinato a dipanarsi nel contesto di una dinamica dialettica contrapposta tra forze europeiste e forze oltranziste contrarie all’integrazione, le quali, evidentemente, sono inclini a rinvenire il loro punto di forza nella battaglia condotta in nome della ri-affermazione del ceto popolare che, a sua volta e curiosamente, nel suo risvolto politico alternativo, costituisce altresì l’elemento necessario all’establishment nel tentativo di contrastare l’ascesa populista. Detto questo, il prossimo futuro dell’Unione Europea resta legato all’esito delle Presidenziali Francesi, e certamente, quella per Emmanuel Macron, continua ad apparire come la scelta meno traumatica.

Giuseppina Di Salvatore

(Avvocato – Nuoro)

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