Giuseppe Belvedere a Parigi lo conoscevano in tanti. 

Lo raggiungevano per scattargli foto, per salutarlo, nel furgoncino che era diventato la sua casa e dove non si sentiva solo. A fargli compagnia c’erano i suoi amati piccioni. 

Il clochard italiano è morto ieri a 76 anni, nel freddo della capitale francese. Ma in tanti ricordano "Monsieur Pigeon” che girava per il centralissimo quartiere di Beaubourg con l'inseparabile carretto pieno di buste di vario genere. Lo seguiva un nugolo di piccioni: lui li prendeva, li curava se restavano feriti, poi li teneva con sé: "Dicono che portano le malattie, non è vero - diceva in un documentario su di lui girato dall'amica e sostenitrice Diane Richard - sono gli uomini che hanno le malattie".

Originario della Calabria dove aveva dei figli e anche dei nipotini, era finito in rovina dopo una carriera di commercialista a Parigi. Dopo tanti anni gli era rimasta una vecchia Mercedes ormai da rottamazione e il furgone in cui si rifugiava la notte con i piccioni da curare.

Proprio per quegli animali era stato espulso dall'alloggio popolare che gli era stato assegnato dal Comune di Parigi. Tra gli abitanti del quartiere molti lo detestavano incolpandolo di sporcizia e mancanza di decoro, lo evitavano, alcuni commercianti lo trattavano male. Raccontava di essere stato aggredito una cinquantina di volte.

Ma la maggior parte della gente lo amava, sui social (in suo onore era stata creata l’associazione “Gli amici di Giuseppe”) era protagonista continuo di iniziative, addirittura mostre di foto. Per lui sono state lanciate tante petizioni, una anche alla "première dame" di Francia, Brigitte Macron, per chiedere sostegno e un tetto per l'inverno.

(Unioneonline/D)

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