Otto navi da crociera sono ancorate al largo della costa australiana, non lontano da Sidney, perché a bordo ci sono dei casi di coronavirus.

Ciascuna ha a bordo fra 800 e 1300 persone, per un totale di 8.600 persone. Si è aperto un vero e proprio scontro con le autorità di Melbourne perché le società di navigazione, ferme ormai da settimane, rifiutano l'ordine emesso il 16 marzo di lasciare le acque australiane.

Il rischio è che col passare del tempo quelle imbarcazioni diventino dei lazzaretti. La portata dell'operazione è enorme, sarebbero già circa 300 i pazienti che richiedono cure perché accusano i sintomi.

La scelta delle autorità australiane è difficile, riconosce il commissario Fuller: "Se dovessimo prelevare 250 o 350 pazienti che richiedono un alto livello di cure, dovremmo programmare l'allestimento di ospedali mobili oltre alla logistica e alla sicurezza di movimento di tante persone".

Allo stesso tempo, tenere ancora le navi al largo "aumenterebbe solo la necessità di evacuazioni mediche, mentre il virus continua a diffondersi".

Sarebbe invece "un incubo logistico far sbarcare tutti e chiuderli in quarantena".

Per questo si sta optando per un'operazione di "stile militare". Elicotteri con medici e sanitari saranno trasferiti sulle imbarcazioni per condurre i test sulle oltre 8.600 persone tra passeggeri ed equipaggio che si trovano sulle navi. Una volta prelevate le persone positive, la navi sarebbero poi costrette a partire lasciando le acque australiane.

(Unioneonline/L)
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