Bashar al Assad è caduto per «un piano congiunto americano e sionista, e con il ruolo di un Paese vicino alla Siria», la Turchia. L'ayatollah Ali Khamenei vede il cosiddetto Asse della Resistenza sfaldarsi a Gaza, in Libano, e ora in Siria, e ha puntato il dito contro Israele e Stati Uniti ritenendoli "responsabili" della fine precipitosa del regime di Damasco per mano dei ribelli filo-Ankara.

«Israele sta smantellando l'asse del male dell'Iran», ha in effetti rivendicato Benyamin Netanyahu, parlando alla Knesset, mentre per il suo ministro della Difesa, Israel Katz, Khamenei «dovrebbe piuttosto biasimare se stesso» per aver investito in gruppi armati «nel tentativo di sconfiggere lo Stato di Israele».

La retorica della Guida suprema, tuttavia, non prevede passi indietro, e anzi rilancia: «Gli analisti ignoranti immaginano che la resistenza si stia indebolendo e anche l'Iran si indebolirà, ma l'Iran è potente e diventerà ancora più potente».

«Il fronte della resistenza è questo: più spingi, più diventa forte, più ti impegni, più diventa motivato. Più li combatti, più diventa ampio», ha sostenuto ancora Khamenei nel primo intervento dopo la caduta di Assad. E ha avvertito: «Gli Stati Uniti non avranno una forte presenza in Siria e il fronte della resistenza espellerà sicuramente le forze americane dalla regione».

I continui raid sulla Siria e le incursioni dell'Idf oltre la Linea Alpha di confine agitano nel frattempo le cancellerie occidentali che stanno ancora studiando i nuovi signori di Damasco. La Francia ha chiesto a Israele di "ritirarsi dalla zona" cuscinetto che lo Stato ebraico sta presidiando per tenere lontani i ribelli jihadisti che hanno preso il potere: «Ogni dispiegamento militare nella zona di separazione tra Israele e la Siria rappresenta una violazione dell'accordo sul disimpegno del 1974, che deve essere rispettato dai firmatari», ha ricordato il Quai d'Orsay, mentre la Germania ha invitato Israele e Turchia a «non mettere a rischio il processo di transizione pacifica in Siria».

Un monito è arrivato anche dal Cremlino, alleato - in ritirata - di Damasco: gli attacchi israeliani sulle alture del Golan e nella zona cuscinetto "difficilmente contribuiranno a stabilizzare la situazione in una Siria già destabilizzata", ha detto il portavoce Dmitry Peskov.

Mosca ha intanto confermato di aver dato asilo ad Assad: «E' al sicuro e questo dimostra che la Russia agisce come richiesto in una situazione così straordinaria», ha affermato il viceministro degli Esteri Serghei Ryabkov. Alla domanda se Mosca consegnerà Assad a un eventuale processo, Ryabkov ha risposto: «La Russia non è parte della convenzione che ha istituito la Corte penale internazionale»

(Unioneonline)

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