«Colpevole di tutte le accuse di frode fiscale».

Così recita il verdetto di una giuria di Manhattan, nel processo penale alla Trump Organization per uno schema di frode fiscale durato 15 anni. La sentenza è prevista per il 13 gennaio.

La holding dell'ex presidente Usa Donald Trump rischia una ammenda sino a 1,7 milioni di dollari, ma la cifra esatta verrà stabilita dal giudice in un secondo momento. A finire sotto accusa sono state due delle 500 entità della holding e il 75enne Allen Weisselberg, ex direttore finanziario della società. L’uomo avrebbe ricevuto dal 2005 al 2021 auto di lusso, appartamenti in leasing, costose rette scolastiche private per i famigliari, evadendo il fisco per 900 mila dollari. Gli inquirenti pensavano potesse essere l'anello debole per inchiodare Trump su questi ed altri reati ma l’uomo fidato del tycoon si è rifiutato di cooperare e si è limitato ad ammettere la propria colpevolezza per evitare una pena sino a 15 anni. Il patteggiamento gli ha riservato solo una condanna a 5 mesi. Un altro dirigente della società, Jeffrey McConney, ha ottenuto l'immunità dopo aver ammesso i crimini e aver deposto come testimone dell'accusa.

Anche se l’ex presidente, come i figli, non è imputato per lui questo è uno smacco preoccupante che rischia di esasperare la già forte sfiducia di banche e partner d’affari nei suoi confronti.

La condanna è anche una tegola per la sua ricandidatura che si aggiunge alle altre inchieste nelle quali è coinvolto: da quella parallela della procuratrice generale di New York Letitia James – che ha promosso una azione civile contro l’uomo e i tre figli adulti chiedendo 250 milioni di dollari di danni –  al procedimento in Georgia sulle pressioni per ribaltare il voto all'inchiesta parlamentare sull'assalto al Campidoglio del 6 gennaio 2021.

(Unioneonline/v.f.)

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