L’attuale maggioranza di Governo pare aver dato, e voler continuare a dare, un peso preponderante alle questioni di politica estera. Che sia sicuramente doveroso, prima ancora che opportuno, prendere in considerazione il piano dei rapporti e dei contesti sovra-nazionali non è in dubbio. E se al di qua dei confini nazionali l’emergenza sanitaria, l’inflazione ed il caro spesa appaiono quali circostanze da risolvere con la massima celerità, al di là di quegli stessi confini sembrano ancora da individuarsi con precisione, tuttavia, le questioni rispetto alle quali il Paese dovrebbe proporsi quale “pilota” di utili iniziative di reale cambiamento.

Per dirlo altrimenti e più chiaramente, la maggiore o minore capacità dell’attuale Governo di incidere sulle questioni politica estera potrebbe riflettersi in varia misura, condizionandola, sulla politica interna, e quindi sulla potenzialità risolutiva rispetto alle necessità della stessa. Se ne ritrae l’impressione che, fino alla attualità, si sia ragionato e deciso nei termini della emergenzialità, quasi a voler porre un argine temporaneo a problematiche che, anche a tutto voler concedere, parrebbero piuttosto riproporsi alla attenzione generale quali questioni strutturali (inflazione e caro vita ad esempio) le quali, se non affrontate collettivamente e su contesti sovranazionali, si riproporranno in maniera ciclica e costante nel tempo e nello spazio.

Se solo si considera il breve periodo ad esempio, ossia quello immediatamente precedente al governo giallo-verde e quello immediatamente successivo allo stesso, fino ad adesso, si evince un trend altalenante che, da posizioni marcatamente europeiste, ha oscillato poi nel rinnovato gradimento verso l’Alleato americano non senza passare verso un avvicinamento graduale financo alla Cina. Inutile negare che, in qualche maniera, l’incrinarsi del rapporto improntato sul bipolarismo delle dinamiche internazionali e sui conseguenti rapporti di forza abbia contribuito ad incidere sulle questioni di politica estera italiana per renderla forse meno incisiva ed in qualche modo condizionata. A tutt’oggi probabilmente, considerati gli scenari di guerra, a dettare le regole, e/o comunque ad incidere in misura preponderante sul piano internazionale nella sua interezza e non solamente europeo, saranno quegli Stati che sapranno assumersi un ruolo di leadership nella promozione delle operazioni di pace e nell’arte della diplomazia. Per rimanere sul piano europeo, probabilmente, l’Unione ha risentito, e non poco, della assenza di Angela Merkel quale figura apicale di riferimento che, nel corso degli anni, al di là del gradimento per le politiche dalla stessa promosse, ha saputo imporsi sul piano decisionale conferendo peraltro un imprinting rilevante al proprio Paese che, ad oggi, ancora ne riflette gli effetti.

Le relazioni internazionali, a qualunque livello, sono particolarmente importanti per la politica estera, e certamente non solo per quella italiana visti e considerati i repentini cambiamenti della realtà mondiale: basti solo considerare l’incidenza che la scelta del futuro, quanto più prossimo, Presidente degli Stati Uniti d’America potrà riverberare al di là dei confini di quello Stato Federale. Tanto Trump quanto Biden sono portatori di interessi e politiche differenti in ogni ambito della vita, sicché la prevalenza dell’uno o dell’altro non potrà non condizionare financo le scelte italiane sul piano geopolitico generale. Non dovrebbe escludersi che un potenziale avvicendamento tra i due contendenti alla Casa Bianca possa comportare una inversione di rotta sulle più spinose tematiche di politica estera italiana, specie nei contesti caratterizzati da conflitti e da scenari di guerra.

Intendiamoci meglio: l’Italia è Paese fondatore dell’attuale Unione Europea; ha costantemente sostenuto e favorito un percorso di integrazione; ha in maniera lineare e convinta considerato l’Europa quale soggetto politico “Principe” nel sostenere ed accompagnare, dirigendola, l’azione degli Stati, senza comunque mai appropriarsi delle competenze e delle funzioni degli stessi. Probabilmente, nell’attuale contesto geopolitico mondiale, l’attuale maggioranza di Governo dovrebbe porsi quale obiettivo preminente la preventiva individuazione degli assi portanti di una rinnovata ed originale politica estera italiana la quale, invero, non parrebbe poter prescindere da un sistema diplomatico forte idoneo ad incidere anche e soprattutto sul Mediterraneo.

Il tema delle migrazioni, per fare un esempio, è divenuto un tema centrale della azione di governo, ma ad oggi non viene discusso se non in forza di un “Piano Mattei” di cui tuttavia non sembrano potersi apprezzare gli effetti. Invece, ed invero, dovrebbe porsi, finalmente, quale obiettivo centrale non solo dell’Italia, che rappresenta il punto di contatto più importante tra l’Europa ed il Mediterraneo, ma anche delle istituzioni europee, al fine di elaborare una politica comune e convinta dell’immigrazione, tale da poter assicurare stabilità e crescita. Sembra giunto il momento di riammodernare i capisaldi della politica estera italiana rendendoli confacenti alle nuove dinamiche mondiali ed ai nuovi ed inediti rapporti di forza sul piano interno e su quello internazionale. E certamente, le prossime Presidenziali Americane come pure le più imminenti elezioni Europee indicheranno, negli esiti tutt’altro che scontati, le future linee direttrici d’Europa e del Mondo nel suo complesso, incidendo in vario modo sui rapporti di forza tra Stati. L’Italia dovrà ritagliarsi, nel contesto del Mediterraneo, un ruolo di primo piano, che possa dirsi competitivo rispetto a quello di Francia e Germania.

Giuseppina Di Salvatore

(Avvocato – Nuoro)

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