La Corte Suprema del Brasile ha deciso di includere l'ex presidente Jair Bolsonaro tra gli indagati per l'assalto agli edifici istituzionali compiuto dai suoi sostenitori l'8 gennaio scorso.

Lo aveva chiesto il procuratore generale del Brasile, Augusto Aras, ipotizzando i reati di «istigazione e paternità intellettuale» in merito all'assalto, in particolare per aver pubblicato un video «che mette in dubbio la regolarità delle elezioni presidenziali del 2022».

Dal suo ritiro vacanziero a Orlando, in Florida, l'ex presidente brasiliano ha ricevuto la notizia del suo nome associato all'accusa di tentato colpo di Stato. In una bozza di decreto trovata dalla polizia federale nella casa del suo ex ministro della Giustizia Anderson Torres, l'ex leader di destra avrebbe ipotizzato il ribaltamento del risultato delle elezioni di ottobre, vinte dal suo acerrimo nemico, Luiz Inacio Lula da Silva.

Per mettere in pratica il presunto golpe, Bolsonaro si stava preparando a instaurare lo «stato di difesa» presso il Tribunale superiore elettorale (Tse) in quanto era ancora presidente della Repubblica, si intuisce dal documento trapelato ai media.

Lo stato di difesa, previsto dall'articolo 136 della Costituzione, avrebbe consentito al presidente ancora in carica di intervenire, tra l'altro, per «ripristinare tempestivamente l'ordine pubblico o la quiete sociale minacciati da grave e imminente dissesto istituzionale».

Non solo: il decreto prevedeva anche la formazione di una commissione composta dall'allora presidente Bolsonaro e da membri del ministero della Difesa per supervisionare il Tse, con l'obiettivo di produrre un rapporto che analizzasse l'equità delle elezioni del 2022.

(Unioneonline/D)

© Riproduzione riservata