Donald Trump, nei giorni scorsi, sembrerebbe aver dichiarato non solamente che gli Stati Uniti intenderebbero prendere il controllo della Striscia di Gaza, ma anche che i Palestinesi, di conseguenza, dovranno trasferirsi nei Paesi limitrofi. E se lo stesso Donald Trump sembrerebbe aver ricevuto il plauso di Israele nella persona del suo primo ministro, Benjamin Netanyahu, sul quale, peraltro, pende un mandato d’arresto della Corte Penale Internazionale, altrettanto non parrebbe essere avvenuto in seno alle Nazioni Unite e nel resto del Mondo, arabo in particolare.

Sembrerebbe, infatti, stando a quanto si possa apprendere dai media, che sia la Giordania, sia l’Egitto, sia le cosiddette monarchie del Golfo, non abbiano mai manifestato il loro assenso a siffatta soluzione e alla eventuale accoglienza post trasferimento della popolazione palestinese di Gaza che parrebbe non essere stata interpellata. Anzi, sembrerebbe che tanto il presidente Abu Mazen, quanto lo stesso leader di Hamas, Sami Abu Zuhri, abbiano re-inviato al mittente il progetto di occupazione e il trasferimento dei gazawi “dalla loro patria”. Parere contrario, sembrerebbe essere arrivato, pure da Turchia, Russia e Cina. Per Francia, Regno Unito e Germania “Gaza è dei palestinesi”.

L’Italia, da parte sua, continua a sostenere la soluzione “due Popoli, due Stati”. Ma allora, se tale parrebbe essere l’intendimento maggioritario dei player mondiali e degli stessi diretti interessati, fino a che punto può davvero considerarsi realizzabile quello che appare come un progetto autodeterminato di Donald Trump? E quale potrebbe essere la finalità più o meno dichiarata di Donald Trump? Il controllo diretto del Medio Oriente che, con buona verosimiglianza, lungi dal portare stabilità sarebbe condizione foriera di ulteriori divisioni? Che fine farebbe la soluzione dei “due popoli, due stati” che garantirebbe sicurezza, stabilità e pace? È anche solo astrattamente concepibile una soluzione di siffatta consistenza? Può ritenersi accettabile? Può definirsi realisticamente una soluzione di buon senso? Probabilmente la risposta non può che essere direttamente conseguente. Intanto, perché i popoli, tutti i popoli, debbono essere lasciati liberi di scegliere in piena autonomia il proprio sistema di governo al di là ed oltre ogni forma di dominazione esterna, ed in particolare al di là ed oltre ogni e qualsivoglia forma di ingerenza esterna. Quindi, perché la pace e la sicurezza nei molteplici rapporti internazionali non potrebbero, né dovrebbero, perdere il loro carattere di valori prioritari e irrinunciabili per la convivenza tra gli stati nel pieno rispetto dei reciproci diritti. Ed infine, perché con buona verosimiglianza sarebbe un errore l’assunzione di iniziative, da qualsivoglia parte provengano, che in qualunque misura trascurino i diritti dei popoli e dei singoli individui quali appunto quelli dei Palestinesi di Gaza. Dicendolo diversamente, e probabilmente in maniera più semplice, ad oggi sembrerebbe ancora mancare l’idea di definizione di un buon governo globale, effettivo ed effettivamente rispettoso e cooperativo verso ogni interlocutore, che ponga il dialogo e lo scambio al centro dei rapporti tra Popoli e Governi. Tanto più allorquando, sia il dialogo quanto la cooperazione debbano essere il risultato condiviso ed universalmente accettato dagli attori internazionali, Popoli o Governi che siano, chiamati a discutere insieme di soluzioni apprezzabili al di là ed oltre la cosiddetta legge del più forte che, lungi dall’avvicinare le posizioni, sarebbe idonea a contribuire alla creazione di divisioni. La realtà contingente sembrerebbe imporre soluzioni di equilibrio, la tutela dei diritti umani ed il rispetto dei Popoli.

Giuseppina Di Salvatore

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