Quando chiedi indicazioni per raggiungere le “montagne d’amianto”, nella terra di quello che fu il ponte Morandi, non battono nemmeno ciglio: «Segua sempre il fiume». Lo sguardo è rivolto all’orizzonte, ma si intravvede solo una pozzanghera, longitudinale, arrampicata a ritroso, da Genova verso le Alpi. Per tutti, quel rigagnolo secco come il Po, è il Polcevera, che dalle montagne si riversa dritto sulla foce della città di Cristoforo Colombo. Il ponte d’acciaio che ha sostituito quello drammaticamente crollato il 14 agosto del 2018 è il capolinea.

Verso il Terzo Valico

Prima di incontrare la strada provinciale numero sei, quella che ti accompagna nel cuore del Terzo Valico dei Giovi, devi affrontare un ginepraio di viadotti, gallerie e circonvallazioni che separano il porto di Genova dalla terra ferma. Arrivare a Cravasco è un po’ come scollinare Tascusì, sulle vette di Desulo. Tornanti da far invidia all’Alghero - Scala Piccada o all’Iglesias – S.Angelo, altitudini modeste, non più di 500 metri di quota, se non fosse per lo spazio ristretto per raggiungerle. Quando superi Campomorone, comune capofila di un insieme di paesi e case sparse, costruito lungo quel fiume ridotto ad una larva, per raggiungere il quartier generale del più grande cantiere italiano, devi ancora varcare due frazioni di montagna, Campora e Isoverde. Percepisci che stai per varcare la porta d’ingresso della fabbrica di gallerie e binari superveloci, quando la strada si fa di colpo d’asfalto fiammante.

Il cratere sulla montagna

Per capire da dove dovrebbe partire la carovana d’amianto destinata alla discarica Sardegna nel profondo Sulcis, terra depredata da sempre, non c’è bisogno di un cartello segnaletico: a sinistra sbatti su una montagna grigio-cemento sventrata come se volessero risolvere a colpi di dinamite il problema della nebbia in Val Padana cancellando vette e creando correnti d’aria, a destra, invece, un cantiere recintato come se fosse un poligono militare. A collegare i due fronti c’è un Flying Belt, quello di Cravasco, un ponte volante che collega l’interno delle gallerie in fase di scavo e la montagna sventrata dalla vicina cementeria. Una sorta di nastro trasportatore a flusso continuo, perché qui, per realizzare l’alta velocità ferroviaria, 90% tutta in galleria, destinata a collegare Genova con le Alpi e il Reno, si lavora giorno e notte, sette giorni su sette. Da quelle canne di fucile conficcate nella pietra viva si cava ogni giorno una montagna di roccia amiantifera, ovvero scorie con tenori altissimi di amianto. Tutta roba da estrarre e spedire chissà dove. Di certo le carte trasmesse alla Regione sarda per chiedere la deroga per poterle spedire in Sardegna parlano senza mezzi termini di più di 50 camion a settimana, roba da 1000 tonnellate ogni sette giorni.

Missione Serra Scirieddus

Una montagna di veleni da spedire via mare nella terra promessa di Serra Scirieddus, tra Gonnesa e Carbonia. Le due società che hanno messo nero su bianco la richiesta di deroga per poter spedire nell’Isola quei rifiuti hanno dichiarato di lavorare proprio qui, in nome e per conto del Consorzio Cociv, incaricato direttamente dalla “Treno Alta Velocità S.p.A”. Nel meccanismo dei consorzi è spettato, poi, a quello del “Tunnel dei Giovi” realizzare proprio il “Lotto Cravasco”, quello dal quale dovrebbero partire i camion di amianto da spedire e scaricare in Sardegna. Al cancello d’ingresso non si avvicina nessuno, nemmeno per sbaglio. La regola aurea in terra d’amianto è un silenzio di ferro.

Deroga per spedire

Del resto la partita è molto più che delicata. La richiesta depositata all’Assessorato regionale dell’Ambiente, direttamente dalla Riverso, la società proprietaria della discarica di Carbonia, lo dice apertamente: siamo l’unica discarica in Italia che può “accogliere” quelle scorie di amianto, come tale rispondiamo perfettamente al requisito di “prossimità”. Trasformare mille chilometri in una discarica dietro l’angolo, però, non è partita semplice, nemmeno per i grandi “commercianti” di rifiuti industriali. Ci tentano, ovviamente. Il viaggio-reportage nel cantiere ligure scaraventa sul tavolo regionale, quello dell’assessorato dell’Ambiente, un interrogativo tanto inquietante quanto indispensabile per venire a capo del piano-blitz messo a punto nelle segrete stanze della governance dei rifiuti del nord Italia, pronti per essere spediti in Sardegna, a partire dall’amianto estratto dalle gallerie del Terzo valico, prima di tutto dal cantiere di Cravasco, quello sulle rive del Polcevera. Sono i dati di scavo di quel cantiere a sollevare un quesito dirompente: chi ha “certificato” quella richiesta di deroga per trasferire quelle scorie di amianto in Sardegna? È certo che la stazione appaltante, dopo aver realizzato quasi l’80% dell’opera, ha davvero un problema di smaltimento di quell’amianto? A fine marzo, secondo i dati del General Contractor dell’opera miliardaria, la contabilità del cantiere di Cravasco segnava uno stato d’avanzamento del 77%. C’è di più, secondo il giornale dell’impresa, gli scavi della “finestra di Cravasco”, 1.260 metri, sarebbero stati finiti addirittura il 19 febbraio del 2017, mentre il 25 maggio dell’anno successivo, il 2018, sarebbe stato completato lo scavo “Camerone di Innesto con le Gallerie Naturali di Valico” in direzione Genova e Milano. I quattro chilometri di scavo delle Gallerie Naturali di Valico direzione Genova, risultano completati il 19 febbraio del 2022. In questa fase di cantiere, secondo fonti dirette, sarebbe in corso il rivestimento definitivo delle gallerie.

Scavi completati

È il piano dei lavori, riscontrato in cantiere, a smentire le ricostruzioni messe alla base della richiesta di deroga per spedire in Sardegna quei rifiuti. In quel cantiere indicato alla base delle comunicazioni all’assessorato regionale non vi è alcun rischio di fermo lavori: «per le Gallerie Naturali di Valico, nonostante lo scavo con metodo tradizionale, le attività di scavo e di realizzazione del rivestimento definitivo dei tunnel procedono di pari passo in direzione Milano, mentre in direzione Genova gli scavi risultano ultimati su entrambi i binari». Un’affermazione, quella della Stazione appaltante, che “smonta” alla radice la richiesta di una deroga specifica per l’invio in Sardegna dell’amianto proveniente dal “Terzo Valico dei Giovi”. Semplicemente i cantieri richiamati nelle comunicazioni fatte dalla Riverso alla Regione risultano già conclusi o in fase conclusiva.

Quali rifiuti in Sardegna?

La domanda successiva è obbligata: quali rifiuti si vogliono realmente spedire in Sardegna con quella deroga invocata per un’opera che risulta di fatto in via di completamento? Mancano quindici giorni alla scadenza dei termini per le opposizioni da parte dei cittadini e delle associazioni verso quel “turismo” dell’amianto, ma si pone un problema amministrativo e politico di non poco conto: la Regione ha verificato il fondamento di quella richiesta di deroga? Il silenzio regionale sulla vicenda non aiuta a far chiarezza. 

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