La Via Crucis del Venerdì Santo, che torna nel tradizionale scenario del Colosseo dopo due anni di Covid, rischia di trasformarsi in un incidente diplomatico per il Papa e per la Santa Sede.

Si è diffuso infatti lo sconcerto nelle istituzioni ucraine per la decisione di far portare insieme la croce a una famiglia russa e una ucraina.

Della contrarietà su questa decisione del Papa si è fatta interprete l’ambasciata ucraina in Vaticano: “Capiamo e condividiamo la preoccupazione generale in Ucraina e in molte altre comunità sull'idea di mettere insieme donne ucraine e russe nel portare la Croce durante la Via Crucis di venerdì al Colosseo”, ha twittato l’ambasciatore Andrii Yurash. “Ora stiamo lavorando sulla questione cercando di spiegare le difficoltà della sua realizzazione e le possibili conseguenze”, ha aggiunto.

L'inserimento tra le famiglie portatrici della croce di una russa e una ucraina, insieme nella tredicesima e penultima stazione, è stata annunciata ieri, il fatto di far percorrere congiuntamente un tratto della Via Crucis ai rappresentanti dei due Paesi in guerra doveva costituire un segno di vicinanza, condivisione, auspicio di concordia e di pace. Ma da parte ucraina è scattata una reazione che forse non era stata prevista.

E ora in Vaticano c’è imbarazzo, nessuna reazione ufficiale alle affermazioni dell’ambasciatore. L’unico commento è quello di padre Antonio Spadaro, direttore di Civiltà Cattolica: “Occorre comprendere una cosa: Francesco è un pastore non un politico. Agisce secondo lo spirito evangelico, che è di riconciliazione anche contro ogni speranza visibile durante questa guerra di aggressione definita da lui sacrilega."Per questo ha pure consacrato insieme Ucraina e Russia al Cuore di Maria”, spiega.

Le famiglie scelte per portare la croce sono quelle di una infermiera ucraina, Irina, nel Centro di cure palliative “Insieme nella cura” della Fondazione Policlinico Universitario Campus Bio-Medico di Roma, e di una studentessa russa, Albina, del corso di laurea in Infermieristica dell'Università Campus Bio-Medico.

LA TESTIMONIANZA – “La nostra amicizia nasce all'interno del reparto di cure palliative 'Insieme nella cura' - spiega Irina – . Dal primo momento, il nostro legame è stato molto naturale. È nata un’amicizia in modo spontaneo. Quando ci siamo incontrate poco dopo l'inizio della guerra, Albina è venuta nel reparto. Io ero di turno. È bastato il nostro sguardo: i nostri occhi si sono riempiti di lacrime. Mi emoziono sempre nel ricordare che Albina ha cominciato a chiedermi scusa. In quel momento era veramente inconsolabile. Non riuscivo a consolarla. Lei si sentiva in colpa e mi chiedeva scusa. Io la rassicuravo che lei non c'entrava niente in tutto questo”.

(Unioneonline/L)

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