In fuga dal convento di clausura, per le «tensioni insopportabili» createsi nella comunità monastica e culminate con l'allontanamento della madre badessa. È la storia di cinque suore cistercensi del convento di San Giacomo di Veglia di Vittorio Veneto, in provincia di Treviso, che se ne sono andate per spostarsi in un altro luogo segreto, a causa delle vicissitudini che, a loro avviso, hanno minato il luogo di preghiera. Un monastero, per altro, ben conosciuto all'esterno: perché le monache di San Giacomo di Veglia sono apprezzate produttrici di bottiglie di Prosecco Docg, fatto con le uve delle vigne del convento.

Le cinque si sono presentate alla caserma dei Carabinieri per avvisare della loro uscita e della necessità di «riparare in sicurezza» in un'altra località. Cosa che oggi ha trovato conferme in ambienti dell'Arma. Ma cosa è successo nel monastero? A parlare per ora, con il Gazzettino, è stata la più giovane delle monache, raccontando di «tensioni insopportabili», e dell'arrivo di una Commissione ispettiva pontificia che ha portato all'allontanamento della badessa, madre Aline Pereira. Proprio il forzato addio della superiora avrebbe generato una «forte pressione psicologica» nei confronti delle 5 consorelle, legate alla badessa.

Pur nel riserbo dovuto alla vita conventuale, non risulterebbero però gravi ragioni sul piano penale o civile alla base del 'divorzio' del gruppo di suore da San Giacomo di Veglia. «Siamo dovute fuggire - ha raccontato la giovane monaca - perché il clima, da quando è arrivata la Commissione che ha allontanato suor Aline, è diventato insopportabile». Alcune di loro risiedevano nel monastero da 25 anni. Avevano anche chiesto al loro Dicastero la dispensa dai voti e il permesso di rompere la clausura, ma hanno ottenuto un rifiuto.

«Hanno distrutto una situazione di pace che durava da mezzo secolo, ci siamo sentite soffocate», ha raccontato ancora la giovane monaca al Gazzettino. Ad ufficializzare la vicenda è stata la Diocesi di Vittorio Veneto che, pur non entrando nel merito della vicenda, ha reso nota la decisione del Dicastero per gli istituti di Vita consacrata e le società di vita apostolica: il monastero trevigiano è stato «commissariato» ed è stata nominata una Commissaria Pontificia (oltre a due consigliere), «che ha assunto tutte le competenze che la normativa dell'Istituto e quella universale della Chiesa attribuiscono alla Madre Abbadessa».

Le radici della storia parrebbero affondare in una querelle nata già nel gennaio 2023, quando dal convento partì una lettera di quattro monache indirizzata al Papa, con accuse nei confronti della madre badessa. Accuse che, due prime visite ispettive, aveva archiviato come «calunnie».

(Unioneonline)

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