A parlare di stagione finita per lo sci è Massimo Garavaglia, neoministro al Turismo, che però non risparmia attacchi all'omologo alla Salute Roberto Speranza per la decisione di prorogare al 5 marzo il divieto di apertura delle piste da sci.

Una scelta che manda oltre 10 miliardi in fumo per tutto l'indotto. Garavaglia - sentiti gli operatori - ha spiegato che "pensare di mettersi in campo dopo il 5 marzo senza certezze oggettivamente non ha senso".

"C'è stato un danno per una scelta del governo e i danni vanno indennizzati", ha aggiunto, parlando di "mancato rispetto per i lavoratori della montagna". E Speranza replica a stretto giro: "Mai fatto polemiche in questi mesi. E non ne faccio ora. Dico solo che la difesa del diritto alla salute viene prima di tutto".

LE REAZIONI - La notizia è stata un fulmine a ciel sereno, anzi già nuvoloso di suo, per i lavoratori del settore, arrivando a poche ore dalla programmata riattivazione degli impianti con le piste battute e pronte ad accogliere gli appassionati.

C'è chi come il Piemonte, oltre a chiedere "ristori subito", valuta di costituirsi parte civile, al fianco dei gestori, per chiedere indennizzi proporzionati alla quantificazione dei danni. "Non è più tollerabile. Apprenderlo poche ore prima, oltre al danno c'è la beffa. E' inaccettabile", commenta invece il presidente dell'Emilia-Romagna e della Conferenza delle Regioni, Stefano Bonaccini.

Non sono mancati atti di "disobbedienza civile": alla Piana di Vigezzo, 1.720 metri nel Comune di Craveggia, in alta Ossola, si è deciso di non cambiare i piani. "Abbiamo predisposto tutto, in sicurezza, per riaprire. E così lo abbiamo fatto", spiega Luca Mantovani, uno dei titolari della società che gestisce gli impianti nella valle piemontese a ridosso del Canton Ticino.

La chiusura degli impianti anche nell'ultima parte della stagione è destinata ad avere effetti sull'intera economia che ruota intorno al turismo invernale che, secondo la Coldiretti, ha un valore stimato prima dell'emergenza Covid tra i 10 e i 12 miliardi di euro all'anno tra diretto, indotto e filiera. Dall'alloggio alla ristorazione, dagli agriturismi ai rifugi fino alle malghe con la produzione dei pregiati formaggi, il calo di fatturato arriva fino al 90%.

(Unioneonline/D)
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