A nove anni dalla scomparsa di padre Paolo Dall’Oglio, avvenuta in Siria, nella città di Al Raqqa all'epoca “capitale” dello stato Islamico, la Procura di Roma ha chiesto di archiviare il fascicolo di indagine in cui si procedeva per sequestro di persona con finalità di terrorismo. Un procedimento aperto nel luglio del 2013, proprio nelle ore successive alla scomparsa del religioso, e rimasto negli anni contro ignoti.

Secondo i pm "dal punto di vista giudiziario non è possibile accertare la sorte di padre Paolo Dall'Oglio".

Il gesuita romano, 59 anni, per oltre 30 aveva consacrato il suo impegno al dialogo fra comunità nella Siria e in tutto il Medio Oriente. È stato visto vivo per l'ultima volta il 29 luglio 2013, mentre entrava negli uffici del governatorato ad Al Raqqa, poi più nulla, neanche una rivendicazione. 

Negli atti dell'indagine una mail che Dall'Oglio inviò al fratello due giorni prima, per comunicargli di essere rientrato clandestinamente in Siria, dopo essere stato espulso, e di trovarsi a Al Raqqa per mediare la liberazione di due religiosi.

Secondo gli inquirenti sarebbe morto poche ore dopo la scomparsa, forse nel corso di un tentativo di sequestro finito tragicamente. Anche gli italiani liberati dopo sequestri in Siria hanno riferito che dai carcerieri dell'Isis avevano appreso della morte dell'uomo.

I familiari non si sono mai arresi: nel luglio scorso hanno scritto una lettera ai vertici istituzionali per chiedere l'istituzione di una Commissione parlamentare che consenta di "arrivare alla verità". In passato anche gli Stati Uniti si sono interessati al caso: nel 2019 è stata offerta una ricompensa di 5 milioni di dollari per chiunque potesse dare notizie sul gesuita. Ma dalle indagini non era mai emerso alcun elemento utile a chiarire la sua sorte. 

(Unioneonline/D)

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