Il ministero della Salute ha chiesto una relazione dettagliata alla Regione Lazio in merito alla morte del neonato all'ospedale Pertini di Roma. 

Bisogna aspettare 60 giorni, tanti ne servono per i risultati dell’autopsia, per stabilire i contorni della tragedia che si è consumata all’ospedale Pertini di Roma tra il 7 e l’8 gennaio, quando il neonato – tre giorni – è morto schiacciato dalla madre che, devastata dal travaglio, si è addormentata dopo averlo allattato nella sua stanza.

La donna è risultata negativa a tutti i test tossicologici e quindi è stata accantonata l'ipotesi che quella notte avesse assunto dei farmaci o altre sostanze.

Gli inquirenti hanno acquisito tutta una serie di documenti in ospedale, compresa la cartella clinica della donna per accertare, tra l'altro, se avesse preso il piccolo in braccio nel tardo pomeriggio e perché sia rimasta con il neonato fino a sera, quando l'infermiera in servizio si è accorta della disgrazia. In sostanza i magistrati devono chiarire se si siano violati i protocolli e se vi siano state nelle negligenze, come denunciato da alcuni familiari della piccola vittima.

Per il momento il fascicolo d’indagine per omicidio colposo aperto dai pm capitolini resta contro ignoti. La Asl Roma 2 sottolinea che, come da prassi, «è stato attivato un audit clinico per verificare la correttezza e l’aderenza alle best pactice e l’appropriatezza delle procedure». L’azienda sanitaria sottolinea che il Pertini a Roma «è punto di riferimento e in particolare la ginecologia e l’ostetricia garantiscono un’assistenza di qualità alle donne nel percorso della gravidanza».

La pratica del rooming-in, ossia la possibilità che dopo il parto il neonato stia nella stessa stanza della mamma, sottolineano ancora dalla Asl, «è ormai consolidata nel contesto nazionale e internazionale per sostenere il contatto tra neonato e mamma sin dalle prime ore dopo la nascita».

La famiglia è disperata e chiusa nel dolore, il padre ha raccontato in un’intervista quanto accaduto alla moglie: «Le si erano rotte le acque alle 4 di notte, ha poi trascorso 17 ore in travaglio prima di partorire. Era sfinita, ma le hanno subito portato il piccolo per l’allattamento e hanno anche preteso che gli cambiasse il pannolino da sola. Ma lei non si reggeva in piedi, aveva implorato più volte il personale del reparto di portare il piccolo al nido per qualche ora per poter riposare un po’. Non ce la faceva più, ma la risposta era sempre no».

«Molte donne – ha concluso l’uomo - sono lasciate sole nei reparti anche a causa delle restrizioni anti-Covid. I protocolli andrebbero rivisti».

(Unioneonline/L)

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