Inasprimento delle sanzioni per la violazione del codice della strada: è davvero la risposta al disordine sociale?
Ciò che occorre, anzitutto, è una concreta e puntuale attuazione delle norme vigentiPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Troppo spesso si è indotti a ritenere che la soluzione ai problemi debba necessariamente passare attraverso un inasprimento delle pene esistenti e troppo spesso, siffatta convinzione, tende a farsi luogo solo quale conseguenza al verificarsi di eventi delittuosi, anche gravissimi, che scuotono l’animo e le coscienze della popolazione quale quello verificatosi a Roma solo qualche giorno fa, e in occasione del quale ha perso la vita un bimbo di soli cinque anni.
Stando a quanto si è potuto apprendere dagli organi di stampa, il fatto delittuoso si sarebbe consumato in occasione di una “sfida social” avente ad oggetto una lunga corsa posta in essere da quattro ragazzi poco più che ventenni, della durata di ben cinquanta ore a bordo di un suv Lamborghini, e realizzata attraverso la ripresa, e la successiva pubblicazione sul canale sociale di riferimento, delle diverse tappe.
Tanto per cominciare, e senza voler cadere in una se non proprio inutile retorica quanto meno in considerazioni spicciole, è appena il caso di sottolineare che, in materia di circolazione stradale, la preoccupazione prioritaria di quanti si trovino a gestire il potere ad ogni livello, quindi Ministero dei Trasporti compreso, qualunque ne sia la sua espressione soggettiva oggi personificata da Matteo Salvini, deve essere quella di prevenire ogni fatto e/o avvenimento idoneo ad arrecare pregiudizio fisico e morale alla collettività intesa nella sua interezza compositiva, siccome il puro e semplice inasprimento delle pene a disastro accaduto, a “babbo morto” per intenderci, parrebbe rischiare di assumere il sapore amaro della pronta soluzione di chi non abbia soluzioni. Insomma, e dicendolo altrimenti: se per sanzione si voglia intendere, come sarebbe giusto intendere, ogni potenziale conseguenza che l’ordinamento giuridico riflette sul trasgressore in conseguenza dell’illecito commesso, allora, la medesima, se dovesse realmente voler essere tale, andrebbe considerata non solo e non tanto nella sua funzione repressiva immediata, quanto piuttosto, e più efficacemente, nella sua funzione di cosiddetto presidio primario sociale, esplicantesi attraverso una attività preventiva di carattere tanto generale quanto speciale.
Se la sanzione, in materia di circolazione stradale, già largamente esistente, non appare idonea a intimidire i consociati, nella specie i potenziali trasgressori, al punto da indurli a desistere, per il futuro, dal commettere atti analoghi di qualsivoglia natura, ossia ingenerando nel loro intimo una controspinta che li orienti a desistere dall’agire in senso difforme alle regole del vivere civile, quale efficacia, e/o utilità pratica, potrà mai avere? È chiaro che non potrà che essere destinata a restare lettera morta esistente solo sulla carta ad appesantire un corredo normativo già corposo nella sua consistenza materiale.
Se di una norma, anche la più aspra, non si è in grado di garantire l’attuazione mediante la induzione del reo alla corresponsione ideologica all’imperativo in essa contenuto garantita da una intensa attività di controllo sociale, a cosa può mai risultare utile?
Intanto perché, se anche l’effetto immediato, quanto illusorio, dell’inasprimento, potrebbe sembrare quello di una diminuzione iniziale del comportamento incriminato, nel medio e/o lungo termine, quell’effetto rischia di tradursi, come parrebbe tradursi, in forme di assuefazione psicologica idonea a porre nel nulla l’effetto deterrente che quell’inasprimento voleva produrre. Quindi, perché l’esigenza sostanziale da soddisfare non concerne il diritto sostanziale propriamente inteso, ossia il dictum (comando) delle norme, quanto piuttosto la loro forza repressiva, ossia la velocità con cui quella norma sia applicata di modo tale che il reo, ma anche l’intera comunità, percepisca l’immediatezza della reazione normativa idonea così a fungere da insegnamento futuro. Infine, perché la riforma vera da realizzare ed attuare, dovrebbe essere quella squisitamente di carattere educativo, finalizzata a focalizzare nei giovani l’importanza del rispetto delle regole del vivere civile che è cosa altra dal contesto virtuale, pericolosissimo, nel quale negli ultimi anni si trovano a doversi confrontare. E invece, anziché porre in essere meccanismi sociali funzionalmente diretti a realizzare occasioni di incontro anche settimanale utili all’insegnamento della educazione stradale, parrebbe essere in dirittura di arrivo una ulteriore riforma del codice della strada con ulteriore inasprimento delle pene esistenti, quasi che quelle già in essere non siano sufficienti. Ma si può davvero credere che la soluzione possa passare attraverso una ulteriore riforma che trascuri l’insegnamento, familiare e sociale, quale strumento prioritario di controllo e prevenzione? Davvero si può ritenere che anche la più perfetta delle norme possa avere una qualche utilità pratica se esiste uno scollamento tra etica, morale e coscienza civile intesa, quest’ultima, quale attenzione al rispetto del prossimo e del buon vivere?
Il Legislatore parrebbe persuaso a ritenere che al fine di indurre i cittadini a tenere un comportamento corretto, debba porre in essere sanzioni più gravose, facendo pesare la sua forza normativa e precisando al meglio i presupposti delle violazioni. Tuttavia, più che inasprire le sanzioni, già abbastanza elevate attualmente, sarebbe necessario aumentare i controlli idonei ad impedire al cittadino di maturare la percezione dell’assenza di controllo e quindi a perseverare nella violazione delle norme anche dopo l’incremento delle sanzioni. Il controllo sembra allo stato essere l’unica valida forma di prevenzione e repressione, e ad esso, nell’ipotesi di violazione, deve seguire con pronta immediatezza la punizione del responsabile secondo le pene vigenti. Non riformismo esasperato ma attuazione concreta e puntuale delle norme vigenti per garantire un sereno vivere civile.
Giuseppina Di Salvatore – Avvocato, Nuoro