"Il Sud è la nuova frontiera dell'epidemia. Riaperture graduali, ma non subito"
"Per ora nel Meridione focolai più ristretti, ma bisogna prepararsi al peggio e al rischio di un'ondata"Per restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Troppo presto per tornare alla vita normale. Le attuali misure di rigore e isolamento "saranno necessarie ancora per settimane, ma quando ci sarà la riapertura del Paese sarebbe opportuno effettuarla gradualmente per quanto riguarda le aziende, sulla base della utilità sociale delle produzioni".
A dirlo è il virologo dell'Università di Milano Favrizio Pregliasco, secondo cui sarebbe opportuno anche "prevedere una tempistica differenziata per il ritorno alla vita sociale e l'uscita da casa, con le fasce anziane e fragili che andrebbero protette in modo particolare e che dovrebbero essere le ultime ad abbandonare le misure dell'isolamento sociale".
Quando torneremo ad uscire, dovremmo anche cambiare le nostre abitudini e atteggiamenti: "In casa, insieme ai cerotti, dovremo avere anche le mascherine e nella vita di tutti i giorni non potremo non considerare il distanziamento sociale".
SUD NUOVA FRONTIERA - Lo sguardo degli esperti ora si rivolge al Meridione. "Il Sud è la nuova frontiera rispetto all'epidemia. Per ora ci sono focolai più ristretti, ma bisogna prepararsi per tempo al peggio e al rischio di un'ondata", afferma Pregliasco, che sottolinea come le regioni meridionali possano fare tesoro dell'esperienza del Nord.
"La speranza - continua Pregliasco - è di riuscire a migliorare il controllo per impedire che i focolai possano espandersi. Le regioni devono attrezzarsi per tempo per riuscire a gestire anche lo scenario peggiore, perché al Nord l'epidemia è partita in modo subdolo e rallentato per poi avere uno sviluppo verticale repentino. Il rischio è che possa succedere anche al Sud".
INTERCETTARE I PAUCISINTOMATICI - Il presidente dell'Iss Silvio Brusaferro, intervistato a 'Mezz'ora in più', afferma che in questa seconda fase, "una volta superata l'onda che ha portato all'impegno delle strutture ospedaliere, la sfida è intercettare il più precocemente possibile i paucisintomatici e i sintomatici".
Non è un cambio di strategia: "Da sempre l'indicazione è stata quella di tracciare i contatti, ma in alcuni contesti ci si è dovuti focalizzare alla parte ospedaliera, che è entrata in difficoltà".
Definisce "interessante e prezioso dal punto di vista epidemiologico", il modello di Vo' euganeo, con test a tappeto su tutta la popolazione. "Ma è relativo a una popolazione limitata, e bisogna tener conto della disponibilità relativamente limitata di test", afferma, "anche se in un prossimo futuro potremmo immaginare di avere strumenti più numerosi e rapidi che già si stanno sviluppando".
(Unioneonline/L)