«Chiunque le abbia viste ha avuto una reazione di repulsione, per quel che è avvenuto: persone rincorse e abbattute in quel modo. Agghiacciante».

Il procuratore di Asti Biagio Mazzeo commenta così la condanna inflitta dal suo ufficio al gioielliere Mario Roggero per aver ucciso due banditi dopo una rapina il 28 aprile 2021. Per l'accusa, ed evidentemente anche per il tribunale stando alla sentenza, quella di Roggero fu tutt'altro che legittima difesa. Nelle immagini di cui parla Mazzeo, decisive per la condanna e riprese fuori dalla gioielleria di Grinzane Cavour, in provincia di Cuneo, si vedono i rapinatori uscire dal negozio e dirigersi verso un'auto.

Pochi attimi dopo il gioielliere esce con la pistola in pugno e spara prima all'autista e poi al bandito che stava salendo dal lato del passeggero. I due riescono a fuggire ma Roggero li insegue e uno di loro viene colpito e cade a terra. Roggero torna poi nella gioielleria con la pistola in pugno.

Ieri il gioielliere ha incassato la solidarietà del vicepremier Matteo Salvini, che gli ha telefonato manifestandogli vicinanza. E il procuratore, dalle pagine del Corriere, risponde anche al ministro Salvini: «Non mi stupisce, da anni il ministro ha uno slogan: che la difesa è sempre legittima. Ma qui siamo al di là persino del caso bordeline». «Una reazione che avviene dopo il fatto, e fuori dal negozio, non può essere legittima difesa», sottolinea Mazzeo.

«Ci sarà qualcuno - spiega - che è più rigoroso o meno rigoroso, davanti ai casi di legittima difesa o presunta tale». «Ma qui non si tratta di ragionare per partito preso – prosegue - in questo caso siamo completamente al di fuori del caso della legittima difesa. Noi magistrati non abbiamo gli strumenti per cambiare le leggi, cosa che può invece fare il Parlamento. Inserendo nel codice penale cause di giustificazione, attenuanti, che al momento non sono previste».

La solidarietà al gioielliere è arrivata anche dai social. «Guardo i social ogni tanto - dice Mazzeo - e mi spaventa il fatto che tanti vivano di parole d'ordine, che stiano davanti a una tastiera, in isolamento, con l'unica compagnia dei social, appunto. Invece di informarsi da fonti qualificate. Così, vince il tam tam, e a forza di gridare "al lupo al lupo", leggi persone che scrivono o dicono: "Prima sparo poi chiedo"». «I politici dovrebbero fare uno sforzo maggiore, per veicolare un messaggio più razionale o responsabile», sostiene. 

Quanto alla condanna chiarisce: «Non provo mai piacere quando una persona viene condannata, al massimo ci può essere soddisfazione se il nostro lavoro è stato fatto bene. Dopodiché resta una vicenda triste, pensare che una persona, se la sentenza verrà confermata nei prossimi gradi, dovrà scontare il carcere. Ma noi dobbiamo applicare la legge, e mettere l'aspetto emotivo da parte». E comunque «bisogna tenere conto che la pena minima per un singolo omicidio è di 21 anni: dal punto di vista della pena, direi che è mite, tenendo conto dei limiti di legge».

Sul fatto che il gioielliere avesse già subito una rapina nel 2015: «Dal punto psicologico è possibile che una persona maturi una certa voglia di rivalsa, e lo capirei - afferma il procuratore - ma non è ovviamente una giustificazione. E non lo giustifico». Quindi un consiglio al gioielliere: «Di rimettersi in discussione - conclude Mazzeo - e riflettere su quello che ha fatto: se la Procura e la corte d'Assise, composta anche da giudici popolari, l'ha condannato, forse qualche domanda dovrebbe farsela».

(Unioneonline/D)

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