Esposto ai Nas dei carabinieri per un video, divenuto virale su YouTube, che mostra Flavio Briatore con splendidi esemplari di tartufi d'Alba per conto di un ristorante monegasco: "Quest'anno in Italia non si trovano, noi li troviamo", dice l'imprenditore.

Proprio su questo messaggio chiede di indagare il presidente dell'Associazione Nazionale Tartufai Italiani, Riccardo Germani, firmatario dell'esposto, presentato al comando di Milano del nucleo antisofisticazioni dell'Arma e indirizzato anche al Ministero delle Politiche Agricole e Forestali.

Secondo Germani, si potrebbe configurare il reato, contemplato dall'articolo 517 del Codice penale e relativo alla “vendita di prodotti industriali con segni mendaci".

La richiesta contenuta nell’esposto, "a tutela dei consumatori", è di verificare le bolle di vendita per accertare "se i tartufi sono effettivamente non solo provenienti da Alba, ma anche cavati da tartufai delle Langhe e Monferrato".

Con la fortissima siccità dell'estate - da maggio a tutto settembre, fa notare l'Associazione nazionale tartufai - i tartufi bianchi d'Alba sono rarissimi (alla Fiera d’Alba hanno raggiunto una quotazione fino a 600 euro all'etto) e c'è quindi il sospetto che "dietro la rete di filiera del tartufo e dei commercianti vi siano importanti aziende di commercializzazione, di trasformazione e vendita di tartufi provenienti dall'estero e venduti o trasformati come italiani".

Germani ricorda che l'Italia è, al tempo stesso "il maggiore importatore ed esportatore di tartufi" e che ci sono grandi aziende che “hanno terreni di proprietà e industrie di trasformazione in Romania, Slovenia, Austria, Bulgaria, Afghanistan, Iran, Tagikistan, Turchia, Uzbekistan".

L'Associazione Nazionale Tartufai, infine, chiede al Mipaaf di rivedere la legge del 1985 che regola la cerca del tartufo, liberalizzandola, e di "emanare una nota urgente" per tutta la filiera e le autorità di controllo per la distinzione tra il tartufo italiano e quello importato". 

(Unioneonline/v.l.)

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