È originario della Sardegna Raffaele Mascia, 21 anni, fermato per l’omicidio di piazzale Gambara a Milano dagli investigatori della Squadra mobile.

Un delitto che si è consumato proprio fra le mura della panetteria milanese di proprietà del padre Matteo, 71 anni, da tempo a Milano ma nato in provincia di Oristano.

Alla base del delitto un banale scambio di battute, fra Raffaele e due avventori del locale, che si è fatto sempre più animato. Poi Raffaele si è diretto nel retrobottega, un soppalco che il giovane usava spesso per dormire, e da cui è uscito con una pistola in pugno. Quindi alcuni colpi, sei in totale in rapida successionequattro hanno raggiunto tra addome e fianco il 49enne ucraino Ivan Disar, uccidendolo; gli altri due hanno ferito il ventiseienne connazionale Pavlo Kioresko, ora fuori pericolo dopo essere stato operato al San Carlo. 

Raffaele è fuggito in strada, con la pistola nascosta nella cintura dei pantaloni, e si è messo in contatto con i suoi amici più fidati, confidando anche l'intenzione di costituirsi. A inchiodarlo però anche le immagini di alcune telecamere di videosorveglianza e la testimonianza di una donna moldava, amica delle due vittime. E proprio sulla base di queste informazioni lunedì gli specialisti della Omicidi hanno iniziato a monitorare la zona tra il commissariato di Porta Genova e il carcere di San Vittore, fin quando sono riusciti a intercettarlo alle 20 proprio in prossimità del commissariato.

A quel punto, il ventunenne è stato portato in Questura: lì gli è stato notificato il fermo di indiziato di delitto già firmato dal pm Carlo Enea Parodi, in cui si contestano l'omicidio e il tentato omicidio aggravati dai futili motivi e il porto illegale dell'arma.

Al momento Mascia, trasferito in carcere a San Vittore, non è stato ancora interrogato, ma informalmente non ha negato le sue responsabilità. Il ventunenne avrebbe fatto capire di aver reagito a una provocazione, a quelle parole pronunciate dai due avventori dopo qualche birra e che lo avrebbero toccato nel vivo.

Non è ancora stata trovata l'arma, la P38 con la quale Mascia ha sparato nel negozio. Nell'interrogatorio l'uomo potrebbe fornire elementi utili per farla ritrovare, oltre a chiarire il movente.

Il ragazzo ha un passato molto complicato alle spalle: ha due precedenti per spaccio e uno per resistenza in occasione di una fuga da una comunità. Anche problemi di famiglia, che lo hanno portato ad essere affidato a una comunità protetta dal Tribunale per i minorenni. Una «vita di strada» che lui, appassionato di boxe ed Mma, aveva ormai interiorizzato come l'unica possibile, per far fronte alla quale avrebbe, a suo dire, detenuto oltre alla P38 anche uno storditore elettrico e un manganello telescopico, trovati nel locale sopra il forno di cui aveva le chiavi e dove viveva, anche perché il padre era per lui l'unico riferimento. 

(Unioneonline/v.l.)

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