Due forzieri contenenti monete d’oro, come nei film dei “Pirati dei Caraibi”. 

E’ quello il tesoro che stava cercando, e a suo dire ha anche trovato, Davide Pecorelli, l'imprenditore umbro-toscano ed ex arbitro di calcio ad Arezzo dato per morto da gennaio in Albania, dove aveva inscenato il suo decesso perché “inseguito dai creditori”, e ritrovato nelle scorse settimane naufrago vicino all'isola di Montecristo.

L’uomo ha spiegato agli inquirenti di aver trovato le due casse, piene di monete d'oro risalenti al V secolo D.C. rubate nel 2019 dal museo di San Mamiliano a Sovana (Grosseto), ma di non esserne “mai entrato in possesso". Il tesoro "è nel posto che io ho indicato alla procura, loro sanno tutto, hanno pure le mappe dettagliate dei luoghi dove sono stato nelle mie ricerche in quei giorni dove ho raggiunto l'isola. Ho comunque catalogato tutto e comunicato alla magistratura", ha detto.

L’INDAGINE – La vicenda però è ancora oscura e sul 45enne pendono le accuse di ricettazione ma anche sostituzione di persona. Disposto anche il sequestro probatorio del materiale ritrovato all'interno della stanza di un hotel dell'isola del Giglio.

Ossia: una ventina di elenchi su carta fotografica con dettaglio di antiche monete, tre mappe dell'isola di Montecristo, un libro della Divina Commedia e una chiave con la scritta “garage Porto Santo Stefano”, insieme ad altri oggetti non considerati di valore. 

LA RICOSTRUZIONE – Pecorelli, secondo le ricostruzioni, sarebbe fuggito in Albania per cercare fortuna dopo il crac in Italia. Fallito il tentativo, avrebbe inscenato il suo omicidio con l'aiuto di un prete, e infine sarebbe riapparso in Italia nelle acque dell'isola di Montecristo dove si sarebbe recato per cercare il tesoro.

“Ero perseguitato da creditori e dipendenti - ha spiegato a La Nazione -. Saranno stati in cinquanta. Ero senza un euro. Manco per la benzina". In Albania “ho cercato un'ultima possibilità: prima a Scutari e Tirana tentando di vendere prodotti per capelli e un macchinario da 100mila euro". Poi si è recato a Puke: "Ho cercato un parroco per confessarmi e togliermi la vita", racconta. Il religioso però gli avrebbe dato l'idea di inscenare l'omicidio, gettando l'auto in un dirupo e usando delle ossa prese da un ossario comune.

Quindi si è spostato a Valona: "Sono stato lì, ma dal 7 maggio. Con la comunità religiosa era emersa la questione del tesoro. Sapevo che avrei dovuto affrontare 27 miglia in mare aperto al Giglio, quasi una follia, quindi dovevo essere preparato". Il 12 settembre il rientro in Italia: "Per il tesoro - racconta l'imprenditore -. Sono arrivato a Roma con l'autobus dei pellegrini. Ho prelevato i soldi al bancomat e sono andato a Grosseto e quindi al Giglio. Il martedì ho noleggiato il gommone e ho fatto il viaggio verso Montecristo".

Pecorelli afferma poi di aver effettivamente trovato il tesoro: "Ho cercato un esperto in numismatica, ha detto 'è incredibile quello che hai trovato'. Il 23 settembre avevamo appuntamento in un hotel di Arezzo. Però mi hanno beccato".

(Unioneonline/D)

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