Alessia Pifferi, la 38enne condannata in primo grado all’ergastolo per aver fatto morire di stenti la figlia Diana, di un anno e mezzo, non si è presentata in aula nella seconda udienza del processo d’appello facendo valere il “legittimo impedimento”.

Pifferi, detenuta a Vigevano, ha motivato la sua assenza con il pestaggio subito in carcere ad opera di altre detenute. Non è la prima volta che denuncia un episodio del genere, nelle sue dichiarazioni spontanee durante il processo di primo grado, nell’aprile 2024, aveva detto: «In carcere le altre detenute mi hanno picchiata, la notte mi urlano “mostro”, “assassina”, “devi morire”, “meriti tante botte”».

La Corte intanto ha rigettato la richiesta di pm e parte civile di ammettere nel processo gli atti del filone bis sulle presunte manipolazioni sugli accertamenti psichiatrici sulla donna. Sono indagati per falso e favoreggiamento la legale di Pifferi, Alessia Pontenani, alcune psicologhe e lo psichiatra Marco Garbarini, consulente della difesa. Per l’accusa gli indagati avrebbero manipolato la perizia per far risultare Pifferi affetta da disturbi mentali, mentre per l’accusa è sempre stata lucida e la perizia alla fine stabilì che era capace di intendere e volere. Motivo per cui fu condannata all’ergastolo.

Il 10 febbraio però, i giudici della Corte d’appello di Milano hanno disposto una nuova perizia psichiatrica per la donna, accogliendo la richiesta della difesa. Perizia che inizierà il 26 marzo nel carcere di Vigevano dove la donna è detenuta. Gli psichiatri avranno 90 giorni di tempo per completare gli esami.

(Unioneonline/L)

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