Ricorrono oggi i trent’anni dall’omicidio di don Pino Puglisi, assassinato il 15 settembre 1993, nel giorno del suo 56esimo compleanno, alle 20.40 davanti al portone di casa, nel quartiere Brancaccio a Palermo.

Una vera e propria esecuzione mafiosa: don Pino era arrivato a casa a bordo della sua Fiat Uno bianca, sceso dall’auto si è avvicinato all’ingresso dell’abitazione quando qualcuno lo ha chiamato facendolo voltare. Un altro, alle sue spalle, gli ha sparato un colpo di pistola alla nuca.

Era inviso a Cosa Nostra per la lotta antimafia che ha portato avanti da parroco della chiesa di San Gaetano, nel quartiere in cui era nato, Brancaccio appunto, in cui la mafia esercitava il suo controllo con i fratelli Graviano, legati al clan dei corleonesi.

Don Pino si rivolgeva soprattutto ai giovani, cercava di non farli entrare nel vortice di Cosa Nostra, di ribaltare quel clima sociale e culturale che portava molti ragazzi a considerare i mafiosi degli idoli o comunque delle persone da rispettare. E durante le sue omelie non lesinava attacchi a Cosa Nostra. Prese sotto la sua protezione tanti ragazzi e bambini che senza di lui sarebbero entrati senza dubbio nei clan.

Sottraeva manodopera a Cosa Nostra, attirandosi così l’ostilità dei boss, che decisero di ucciderlo.

A sparare fu il mafioso Salvatore Grigoli, che ha collaborato con la giustizia. Gli altri componenti del commando arrestati per il delitto sono Luigi Giacalone, Cosimo Lo Nigro e Gaspare Spatuzza. I mandanti i fratelli Filippo e Giuseppe Graviano.

È morto col sorriso Pino Puglisi, così ha detto almeno lo stesso Grigoli. Spatuzza gli prese il borsello e gridò: «Padre, questa è una rapina». Il prete sorrise e disse «me lo aspettavo», poi il colpo di pistola alla nuca.

Nel 2012 Papa Ratzinger lo ha beatificato.

(Unioneonline/L)

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