Che non fosse Mattia il "paziente 1" e che il Covid-19 circolasse già in Italia quando, il 20 febbraio scorso, è stata effettuata la diagnosi sul 38enne di Codogno, era un'ipotesi ormai da tempo sostenuta da quasi tutti gli esperti.

Prima di lui un italiano - senza alcun legame apparente con l'epidemia che dilagava in Cina - era già ricoverato in un ospedale milanese. Aveva cominciato a star male il 10 febbraio, quando in Italia ancora non si pensava al coronavirus, l'esame successivo dei suoi campioni biologici ha confermato la positività al Covid-19. E non finisce qui, perché dall'analisi genetica condotta sul suo coronavirus sono emerse differenze rispetto a quello isolato da uno dei turisti cinesi di Wuhan ricoverati a Roma a fine gennaio.

Il retroscena lo svela uno studio che appare su "Eurosurveillance", un lavoro effettuato da diversi esperti e scritto dall'Istituto superiore di sanità. Hanno partecipato, tra gli altri, la direttrice del Laboratorio di microbiologia clinica, virologia e diagnostica del Sacco di Milano Maria Rita Gismondo (denunciata dal Pattro trasversale per la scienza perché definì il virus ("poco più di una semplice influenza") e il direttore Malattie infettive dell'Iss Giovanni Rezza.

Gli scienziati descrivono la caratterizzazione della seuqnza genetica completa di due virus Sars CoV-2, isolati dal paziente lombardo e dal turista cinese.

I due isolamenti hanno prodotto concordanze geniche diverse: mentre quello del malato di Wuhan è riconducibile a un cluster con genomi provenienti principalmente dall'Europa (Inghilterra, Francia, Italia e Svezia) e dall'Australia, quello del malato milanese mostra parentele diverse, e pare legato a un cluster che comprende due sequenze genetiche dalla Germania (Baviera/Monaco e Baden-Wurttemberg e un'altra del Messico.

Questo si legge nello studio, e ciò dimostrerebbe che in Italia ci sono stati più ingressi del nuovo coronavirus, di cui sono stati già individuati due tronchi.

(Unioneonline/L)
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