Addestrato dal padre della fidanzatina a commettere azioni criminali, compreso tirare molotov. "Altrimenti mi uccideva", dice il ragazzino di 13 anni (ne aveva 12 all'epoca dei fatti).

La storia arriva da Vico Equense (Napoli). Il ragazzino (non imputabile per l'età) frequenta da circa un anno la casa di un imprenditore edile del posto, il 38enne Michele Ferraro, già ai domiciliari per un'altra vicenda e papà della sua fidanzatina.

I fatti risalgono al mese di ottobre. Secondo la procura di Torre Annunziata e il gip, che hanno ritenuto attendibile la confessione del dodicenne, l'imprenditore facendo leva sul sentimento che nutriva nei confronti della figlia e sulla promessa di un guadagno di 150 euro (mai effettivamente dati) prima gli ha proposto di depositare una testa di maiale chiusa in un cellophane all'interno di un cantiere durante la chiusura notturna.

E poi tutta una serie di altre intimidazioni, compreso il lancio di una molotov. Ma il giovane ha cominciato a opporre resistenza, ed ecco le minacce di morte: "Sapevo che mi diceva di fare cose sbagliate, ma non volevo contraddirlo e mi sentivo obbligato ad ubbidirgli. Mi ripeteva che se avessi fatto il suo nome ai carabinieri mi avrebbe fatto sparare e buttare in un pozzo".

A un primo attentato incendiario il giovane si oppose temendo che le fiamme si espandessero a tutto il palazzo. Non è riuscito a opporsi alla successiva richiesta, quella di lanciare una bottiglia incendiaria nell'officina di un meccanico.

Disarmante la scene delle telecamere che ritraggono il ragazzino poco prima di scagliare l'ordigno mentre passa davanti all'officina mano nella mano con il fratellino di 4 anni che stava riaccompagnando a casa.

Quando i carabinieri lo hanno fermato, in casa aveva un'altra bottiglia e una lattina di liquido infiammabile pronta all'uso: sarebbe servita per la missione successiva commissionatagli dall'imprenditore, il danneggiamento dell'insegna luminosa di un vicino B&B. Missione non andata a segno solo grazie al tempestivo intervento delle forze dell'ordine.

Il giovane - affiancato durante gli interrogatori da una psicoterapeuta - ha collaborato alle indagini ammettendo le sue responsabilità e scagionando la sua fidanzatina da ogni complicità: "Quando ne parlavo alla mia ragazza lei si arrabbiava, diceva che io e suo padre eravamo due scemi e che non dovevo farle quelle cose". Per l'imprenditore chiamato in causa dal giovane, invece, è scattata la custodia cautelare in carcere.

(Unioneonline/L)
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