Era l’alba della vigilia di Natale quando ha ricevuto dall’ospedale Sirai la drammatica notizia: sua mamma, Peppina Pirosu, 72 anni, era morta: «Soffriva di una broncopneumopatia cronica ostruttiva che le aveva causato anche una grave cardiopatia. L'abbiamo curata con mille sacrifici in casa fino a quando, il 3 dicembre, ha contratto il Covid come mio padre e me. Le sue condizioni di salute, già molto precarie, sono peggiorate, così l'abbiamo fatta ricoverare», spiega la figlia, Francesca Francesconi.

Il dolore più grande è stato anche un altro: «Qualcuno deve spiegarci perché a dicembre 2022, quando chi ha contratto il Covid può liberamente circolare ovunque, una famiglia debba essere privata della possibilità di assistere un proprio caro che sta per morire e debba vivere lo strazio di non poterlo salutare nemmeno da morto».

La famiglia di Giba sapeva che non avrebbe potuto vedere la 72enne nei primi giorni, «dato che anche noi eravamo positivi», gli aggiornamenti sulle condizioni erano regolari tanto che, con i progressivi miglioramenti, si ipotizzava la dimissione per Natale.

Ma i parenti, anche se ormai negativi, non potevano vedere Peppina, «non riuscivamo ad avere il consenso per via delle rigide norme dell'ospedale».

Portarla a casa non era possibile, è stato detto loro, poi «per cinque giorni nessuno ci ha più chiamato e nessuno ha più risposto al telefono. Fino a quando siamo riusciti a sapere che mamma era in coma».

Infine la tragica notizia alle 2 del mattino del 24 dicembre: «Abbiamo preparato i suoi vestiti ma ci è stato detto che erano inutili: la prassi prevede che se una persona al momento della morte è positiva deve finire, come accadeva nel 2020 quando il Covid era un mostro ingestibile, nuda dentro un sacco di plastica. Un oltraggio finale a noi e a una povera donna a cui è stato negato il diritto di morire tenendo la mano delle figlie e del marito».

Non è finita: in camera mortuaria l'ultima beffa.

(Unioneonline)

Tutti i dettagli su L’Unione Sarda in edicola nell’articolo di Stefania Piredda

© Riproduzione riservata