La donna si occupò del latitante che custodì Silvia Melis: fu uccisa perché voleva spifferare tutto.

Nella gabbia c'è solo Mario Cianciotto, anche se non ci spera più. Tanto, comunque vada resterà in carcere a vita. E come lui tutti gli altri: Daniele Brilla, Biagio Piras, Raffaele Nolis, condannati definitivamente all'ergastolo per la faida a senso unico di Siurgus Donigala. In piedi, nell'aula semi vuota, quasi non crede alle sue orecchie Cianciotto quando il presidente della Corte d'Assise d'Appello di Cagliari Antonio Onni pronuncia un verdetto che ribalta la sentenza di primo grado: assoluzione per non aver commesso il fatto. Resterà in carcere a vita Mario Cianciotto da Fonni ma senza il disonore di una condanna per l'omicidio di una donna, Gina Cabiddu, uccisa a Urzulei il 29 maggio 1999 sotto gli occhi della figlioletta. Era la cognata dell'ex poliziotto di Oniferi Daniele Brilla e sapeva troppo di alcuni sequestri di persona: aveva riciclato i soldi dei riscatti e protetto la latitanza di Adolfo Cavia - il custode di Silvia Melis e Piera Maria Demurtas-, non era stata pagata e minacciava di spifferare tutto.

Cianciotto è stato tirato in ballo dal pentito Antonello Setti, proprio come Biagio Piras, il boss di Siurgus Donigala: esecutore materiale e mandante, entrambi assolti. L'ergastolo è confermato per l'ex poliziotto e per l'altro fonnese, Raffaele Nolis. Al pentito, invece, un piccolo sconto che porta la pena complessiva a 19 anni e 8 mesi.

«Non mi cambia la vita ma sono contento», confida Cianciotto all'avvocato Caterina Cucca che lo ha difeso insieme a Pasquale Ramazzotti, «dal punto di vista morale per me è molto importante perché sono stato accusato di aver ucciso una donna davanti alla figlia, un delitto terribile».

Chi invece confidava nell'assoluzione è l'avvocato Francesca Calabrò che ha assistito, d'ufficio, Biagio Piras: «Non c'erano riscontri alle dichiarazioni del pentito».

Sì, deve essere un problema di riscontri e non di attendibilità altrimenti sarebbero stati assolti tutti visto che tutti sono stati chiamati in causa da Setti. Se per Brilla e Nolis viene invece confermato l'ergastolo c'è una sola spiegazione: la Corte d'Assise d'Appello (presidente Antonio Onni, consigliere Tiziana Marogna) segue le tesi della difesa ritenendo che le sole dichiarazioni di Antonello Setti non bastino per arrivare a una condanna. Per Cianciotto, in particolare, la difesa sottolinea addirittura riscontri negativi. Uno su tutti: il pentito ha parlato di vari contatti telefonici col fonnese, anche il giorno del delitto, ma non è stata trovava traccia nei tabulati. Quanto a Biagio Piras, Setti lo ha indicato come il mandante: avrebbe organizzato il delitto per rendere un favore a Brilla (l'ex poliziotto della questura di Nuoro consegnatosi ai carabinieri il 23 gennaio 2005 dopo una lunga latitanza) che lo avrebbe poi aiutato durante la faida di Siurgus. Ma evidentemente la Corte d'appello ritiene che oltre le parole del collaboratore di giustizia non ci sia nient'altro. Anche se Setti non era solo un compaesano di Piras e un suo dipendente: era l'uomo di fiducia di Piras al punto da seguirlo fino a Bibbiano, in Emilia Romagna. Insomma, Piras era l'unico legame fra Setti e la banda di Brilla: per capire come mai Setti abbia partecipato al delitto Cabiddu bisognerà aspettare le motivazioni della sentenza.

Gina Cabiddu era una casalinga che viveva a Urzulei col marito e i due figli: il 22 maggio 1999 alle 8 del mattino aspettava sotto casa il bus che avrebbe portato la primogenita a scuola. Si era accorta della Fiat Uno grigia con tre uomini a bordo quando l'utilitaria si era fermata: cosa state cercando? . Alla guida c'era Setti, a fianco Nolis e, stando al pentito, dietro sedeva Cianciotto. La donna aveva appoggiato le mani sullo sportello quando un proiettile partito dal sedile posteriore l'aveva centrata.

Il delitto è rimasto un mistero fino a quando Setti, coinvolto nelle vicende di Siurgus Donigala, aveva vuotato il sacco. Non parlava a vanvera: la pistola calibro 9x21 che aveva ucciso la Cabiddu aveva sparato contro Pierpaolo Piludu di Siurgus e anche durante una rapina della banda di Siurgus a San Sperate.

Setti aveva spalancato uno scenario inedito fatto di clan diversi: uno di Siurgus Donigala capeggiato da Biagio Piras, l'altro del nuorese agli ordini di Daniele Brilla. Per depistare le indagini si scambiavano favori e si prestavano gli uomini. Così Biagio Piras si era preoccupato di mettere a disposizione il fidato Setti per uccidere la Cabiddu insieme ai fonnesi amici dell'ex poliziotto Nolis e Cianciotto mentre Brilla si era fatto carico dell'omicidio di Pierpaolo Piludu che Piras voleva far fuori. Per la Cabiddu, però, c'era qualcosa di più, un movente particolare: la donna sapeva dei movimenti della banda nei sequestri, i latitanti venivano sistemati nella zona di Urzulei e lei se ne prendeva cura. Si era occupata di Adolfo Cavia, sospettato di aver custodito Silvia Melis durante la lunga prigionia, voleva un compenso e minacciava di denunciare la banda. E Brilla, che avrebbe partecipato al rapimento della consulente del lavoro di Tortolì, aveva deciso di eliminarla. Del resto, stando all'accusa, Gina Cabiddu e il marito, avevano avuto un ruolo in altri sequestri: avrebbero ripulito i soldi provenienti dai riscatti per finanziare la latitanza di Cavia. Storia mai chiarita.

MARIA FRANCESCA CHIAPPE
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