San Gavino, errore «macroscopico» nell’intervento chirurgico: donna risarcita dalla Asl
Dopo la rimozione dell’utero, sigillati entrambi gli ureteri: «Il dolore era sempre più forte. Dopo ore hanno capito»Per restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
A salvarla sono stati un’ostetrica e un urologo che nel cuore della notte hanno capito di non avere un minuto da perdere. «Per un errore macroscopico» – scriverà il medico legale di parte nella sua relazione – alla paziente sottoposta all’asportazione dell’utero erano stati tagliati e poi sigillati entrambi gli ureteri, ovvero i canali che dai reni portano l’urina fino alla vescica. «Qualche ora dopo l’intervento ho iniziato ad avere dolori sempre più forti che in serata sono diventati insopportabili. Mi somministravano liquidi ma il catetere restava sempre vuoto, ne hanno cambiato tre in mezz’ora, alla fine hanno capito che qualcosa non andava: la tac fatta d’urgenza ha chiarito alla radiologa quel che era successo», racconta la donna al telefono.
La lesione
Tutto accade all’ospedale Nostra Signora di Bonaria di San Gavino Monreale, il 2 novembre di due anni fa, durante un intervento eseguito da un medico del reparto di Ostetricia e Ginecologia. Alla 50enne di Villasor, che per avere giustizia si è rivolta all’avvocato Brunello Acquas, è stata riconosciuta un’invalidità del 12 per cento e – tramite una transazione – un risarcimento (deliberato dalla Asl ma non ancora accreditato) di 40mila euro più seimila euro di spese legali.
La cronaca
Nell’autunno del 2022, a causa della presenza di un grosso mioma la donna deve sottoporsi a un’isterectomia per la totale rimozione dell’utero. Intervento programmato per il 2 novembre, giorno in cui viene ricoverata al mattino e accompagnata poco dopo in sala operatoria dove resterà dalle 11,45 fino alle 14,30. «L’intervento è stato eseguito in laparotomia, vale a dire con un taglio simile a quello del cesareo con campo visivo aperto. È stato usato un bisturi elettrico che taglia e sigilla, così hanno asportato la massa ma anche tagliato e chiuso entrambi gli ureteri. Poi, inconsapevoli, mi hanno ricucito e io sono tornata in camera con il catetere che, vista la somministrazione di liquidi, si sarebbe dovuto riempire». Intorno alle 16,30 i dolori si sono fatti sentire sempre di più. «Mi hanno dato un diuretico in infusione veloce, tre litri di fisiologica. Eppure la sacca restava sempre vuota mentre il dolore al fianco destro era sempre più forte, sembrava che dovesse esplodere. Alle 18,30 un medico è salito a vedere come stavo e mi ha detto che i dolori erano dovuti all’intervento e tutto è finito lì». Le cose sono andate avanti così fino a tarda sera. «Nell’uretere sinistro, in realtà, era rimasto un piccolissimo foro in uscita, per questo quando mi hanno riaperto hanno trovato 1.200 cc di urina nell’addome, l’altro invece era sigillato e il rene era in sofferenza». La svolta dopo il controllo delle 22. «L’ostetrica, dopo aver fatto cambiare tre volte il catetere e vedendo che non scendeva un goccio di urina, ha capito che qualcosa non andava. Mi hanno fatto una tac e la radiologa ha visto tutto, è arrivato l’urologo e mi hanno operato per altre quattro ore. Il danno “tecnico” però è rimasto anche perché nel taglio e nella sutura precedenti è stata danneggiata la valvola che impedisce all’urina di risalire e questo mi ha provocato diverse infezioni».
Le terapie
L’8 novembre sono arrivate le dimissioni ma in tutto il 2023 la 50enne ha dovuto seguire terapie e sottoporsi a un altro intervento in anestesia spinale per inserire un drenaggio che limitasse le infezioni. «Ho continuato a essere seguita dall’urologo dell’ospedale di San Gavino, di chi altro potevo fidarmi se non di colui che con grande professionalità ha riaperto e ricostruito gli ureteri? Ho solo chiesto di non dover fare lista d’attesa, niente file, volevo che le porte – in caso di necessità – fossero aperte. Ora sto meglio». Il ginecologo che ha eseguito il primo intervento? «Da quel giorno non l’ho più visto, non ha mai chiesto scusa».
Mariella Careddu