La parata del primo giorno è finita. I riflettori su quella scatoletta di vaccini, da elargire in terra di Sardegna con il contagocce a favore di telecamere, si sono spenti. Il volto cattivo del C27J Spartan dell'Aeronautica militare che sabato scorso ha solcato lo Stagno di Santa Gilla per atterrare nella pista dell'aeroporto di Elmas è già un ricordo. La guerra al Covid 19, quella vera, deve ancora iniziare. La partita del vaccino per sconfiggere il male del secolo è questione troppo seria e delicata per risolversi con comunicati stampa e schieramenti militari degni di una guerra nel golfo. Quelle 180 dosi di vaccino giunte nell'Isola con un apparato di Stato sopra le righe non cancellano i ritardi e i troppi buchi neri nella gestione di questa sfida decisiva al virus. La prima fase non parte con il piede giusto. Per la prima fornitura, oltre quelle della parata, c'è ancora da attendere.

Ritardi & annunci

L'ennesimo rinvio è scandito da un comunicato della Regione: le prime 15.000 dosi di vaccino arriveranno nell'Isola sotto Capodanno, forse domani, con almeno 48 ore di ritardo rispetto agli annunci dei giorni scorsi. Non sarà questo, però, il limite di una campagna vaccinale che scorre per adesso solo nel fiume in piena degli annunci di Palazzo. A rendere inconciliabile la copiosa comunicazione di Stato con la realtà dei fatti sono delibere e decreti, atti e procedure. Il dispendio di denari profuso nel giorno dell'avvio della campagna vaccinale ha destato non solo il sospetto di voler esaltare a dismisura l'evento, ma anche il tentativo di celare ritardi e non solo. I livelli di valutazione di questa guerra sanitaria sono molteplici.

La scelta del vaccino

La prima vera questione è la scelta dei vaccini. L'Italia si è trovata spiazzata dinanzi ad una corsa tra colossi mondiali e ha preferito affidarsi alla gestione unitaria europea, prevedendo contratti aggiuntivi solo con la compagine dove era coinvolto il centro di ricerca Irbm di Pomezia che, insieme all'Università di Oxford, lavora al vaccino di AstraZeneca. Se andrà bene quel vaccino arriverà solo terzo nella corsa autorizzativa, dopo aver incespicato non poco nel dosaggio e nella percentuale di successo. E, come era facilmente prevedibile, il soggetto che per primo ha tagliato il traguardo, ha avuto la meglio, tanto che, ieri sera, Ursula Gertrud von der Leyen, Presidente della Commissione Europea, ha annunciato di aver acquistato altri cento milioni di dosi dalla Pfizer. Per l'azienda americana, associata alla Biontech tedesca, è stata una corsa contro il tempo nonostante la catena del freddo. In molti hanno scartato da subito l'ipotesi di quel vaccino per quella glaciale esigenza di trasportare e conservare i flaconi ad una temperatura tra i 70/80 gradi sotto zero.

Quelli del Viagra

Quando si è capito che la famosa casa farmaceutica americana, quella della pillola blu del viagra, sarebbe arrivata prima di tutti al traguardo si è cercato di correre al riparo. Il commissario del governo italiano, Domenico Arcuri, ha alzato subito bandiera bianca per affidare direttamente alla Pfizer la distribuzione del vaccino negli hub regionali, esclusa la parata del primo giorno. Se l'azienda americana, che produce le dosi europee nello stabilimento belga, sarà di parola dovrebbe consegnare all'Italia 470 mila dosi di vaccini a settimana, sino all'esaurimento della fornitura negoziata con l'Unione Europea. Nello Stivale, Sardegna compresa, dovrebbero arrivare nel complesso 26,92 milioni di dosi di vaccino Pfizer-Biontech, di cui 8,749 milioni nel primo trimestre. A queste potrebbero aggiungersi le dosi di Moderna, l'altra industria americana, che ha ugualmente prodotto un vaccino "messaggero" con temperature più abbordabili per la conservazione, a meno 20 gradi. In questa disfida tra cause farmaceutiche restano, però, aperte due grandi questioni: la catena del freddo e la somministrazione del vaccino. E' qui che emergono elementi documentali di non poco conto a partire dalla Sardegna.

Catena rotta

Nei documenti trasmessi a Roma da parte di viale Trento emerge che nella prima fase dovrebbero essere vaccinati in Sardegna 40.050 soggetti tra personale medico e operatori e ospiti di case di riposo. Nel report del Commissario straordinario risultano per l'Isola censiti otto punti massimi di somministrazione, dodici sono, invece, quelli comunicati. Due province sarde, secondo i documenti di Stato, risultano senza celle di ultra congelamento. Elementi che appaiono contradditori con quanto ha messo nero su bianco il commissario dell'Ats.

Senza congelatori

Siamo al 4 dicembre scorso. La delibera è la 111 del 2020. L'oggetto dell'atto è esplicito: Emergenza Covid-19 - procedura negoziata per la fornitura di 20 ultracongelatori a meno 80 gradi. Due giorni dopo l'inchiesta del nostro giornale sulla catena del freddo in Sardegna, l'assessorato della Sanità fa partire un censimento dei congelatori presenti nelle varie aziende sanitarie. Il quadro è desolante se il commissario dell'Ats è costretto a scrivere: «in caso di mancato riscontro si procederà ad avviare autonomamente una procedura di acquisizione dei congelatori necessari visto che non sono in uso nelle farmacie ospedaliere e territoriali della struttura sanitaria». L'appalto è di 213 mila euro ma ad oggi nessun atto dell'Ats ne segnala l'aggiudicazione. Catena del freddo in sospeso in attesa dei super congelatori. Sono in poche le strutture che potranno usare quelli già esistenti. La Asl del Sulcis, l'unica con deliberazione recepita dall'Azienda Tutela e Salute, ha scritto che il refrigeratore ce l'hanno ma è in uso al servizio trasfusionale dell'Ospedale Sirai. Nella delibera, fatta propria dal vertice regionale, c'è, però, un passaggio di non poco conto e in totale contrasto con le ipotesi di gestione delle vaccinazioni in ambito ospedaliero. Scrive la Asl del Sulcis: «si ritiene non sia opportuno far accedere un significativo numero di persone nei presidi ospedalieri anche ipotizzando la chiusura di attività assistenziali».

Ospedali e cinema

Dunque, niente vaccinazioni di massa negli ospedali per il chiaro rischio di contagi su scala. E a dimostrazione che la strategia per vaccinare almeno il 70% della popolazione sarda sia tutta in alto mare è la proposta che si avanza nell'atto adottato dall'Ats: «è disponibile una multisala cinematografica facilmente raggiungibile da tutti i comuni del Sulcis Iglesiente». Un piano, quello della vaccinazione di massa, ancora campato per aria visto che mancherebbero all'appello anche i vaccinatori.

Cercasi vaccinatori

Il ritardo è scandito da un atto del Commissario di Governo per selezionare 5 agenzie interinali su scala nazionale per supportare il sistema di vaccinazione. Peccato che la gara d'appalto sia in clamoroso ritardo e non esista ancora un solo aggiudicatario dei 5 previsti. Il bando di Arcuri, oltre ad una cifra colossale, 534 milioni di euro, oltre mezzo miliardo per nove mesi, ha ripartito l'Italia in cinque aree territoriali. Come se ignorasse la geografia la Sardegna è stata inserita nel primo lotto con la Lombardia, l'Emilia Romagna, l'Umbria e la Val d'Aosta. Queste agenzie dovrebbe reclutare 3.000 laureati in medicina e chirurgia abilitati e iscritti agli albi professionali e 12.000 professionisti sanitari. Alla Sardegna dovrebbero spettare 82 medici e 330 infermieri. Quando non si sa. Un dato è certo, però, le agenzie di reclutamento si metteranno in tasca 25 milioni di euro di compensi. Ma in questa partita non si bada a spese.

Aerei a volontà

Il ministero della Difesa per lo show di un giorno necessario per trasportare un carico di vaccini di appena tre tonnellate ha messo in campo 5 aerei, 2 C27J, 2 Do228 e un P180, oltre 60 camion dell'esercito con un costo stimato dell'operazione di mezzo milione di euro. E nella guerra degli annunci le stellette non si tirano indietro: sono pronti 11 aerei, 73 elicotteri e oltre 360 autoveicoli. Peccato che manchino ancora i vaccini, i congelatori, i luoghi e i vaccinatori.

Mauro Pili
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