Cagliari, Manuela Murgia: i primi interrogatori dell’ex fidanzato già 30 anni fa
Enrico Astero era stato sentito dagli agenti della Squadra Mobile negli uffici della sezione OmicidiPer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Trenta anni di silenzio, dolore, omertà e interrogativi. Oggi, nel caso di Manuela Murgia, la sedicenne ritrovata senza vita nel canyon di Tuvixeddu il 5 febbraio del 1995, c’è uno sviluppo: la Procura ha iscritto nel registro degli indagati Enrico Astero, all’epoca dei fatti ex fidanzato della giovane, oggi 54enne. L’accusa è omicidio volontario.
Una svolta che squarcia un muro di archiviazioni e omissioni. E riporta alla luce una tragedia rimasta incastonata nella cronaca nera sarda degli anni Novanta come un enigma mai risolto. All’epoca, la morte della ragazza fu liquidata come suicidio. Ma la famiglia non ha mai creduto a quella versione: per anni ha raccolto nuovi elementi alla ricerca di quella che loro hanno sempre definito “la verità”.
Era una domenica, quella del 5 febbraio 1995, quando una telefonata anonima al 113 segnalò la presenza di una ragazza “forse morta” a Tuvixeddu. Il corpo di Manuela venne trovato lì, riverso nel canyon, con segni di lesioni interne ma nessuna frattura compatibile con una caduta da 35 metri.
Un dettaglio che ora assume un significato diverso. Secondo la nuova ipotesi investigativa, Manuela avrebbe avuto un rapporto sessuale violento – forse uno stupro – prima di essere investita da un’auto mentre cercava di rivestirsi. Il suo cadavere sarebbe poi stato trascinato nella scarpata, come suggerisce la relazione del medico legale Roberto Demontis, consulente della famiglia. I segni rilevati sull’abbigliamento e sul corpo, insieme alle immagini dell’autopsia, avrebbero convinto i pm a riaprire il fascicolo.
A supporto anche le parole di Emanuele Fattori, ex capo della Mobile di Cagliari, intervenuto poche settimane fa nella trasmissione Detectives: “Il maglione presentava terra all’interno, segno che potrebbe essere stato tolto e poi raccolto da terra. Non indossava la canottiera. Potrebbe essere stata spogliata e poi travolta”.
Le indagini del 1995 si erano soffermate su Enrico Astero, parrucchiere di 24 anni all’epoca, che – come riportano gli articoli de L’Unione sarda dell’epoca – raccontò alla polizia di aver frequentato Manuela per un breve periodo. «La nostra storia era finita, non ci vedevamo più», disse agli inquirenti. «Ci siamo frequentati per qualche tempo, questo sì, ma la nostra storia era finita da un bel pezzo. La prima volta. L'ho vista in una strada di San Michele, non ricordo di preciso dove fossimo. Io avevo in mano qualche biglietto omaggio per la discoteca K2, me li aveva dati un mio amico che organizza le feste della domenica sera. L'ho vista e gliene ho dato uno, per invitarla. L'ha preso incuriosita e così ci siamo conosciuti meglio». Ma da allora, attorno a lui si strinse il silenzio: fornì un alibi, venne ascoltato e il caso si avviò verso l’archiviazione.
Ora, quel passato ritorna. Anche perché, secondo una testimone oculare dell’epoca, Manuela fu vista salire su un’auto blu il giorno della scomparsa. Un’auto compatibile con quella del cugino di Astero (non indagato). A questo si aggiungono le telefonate misteriose ricevute dalla ragazza nei giorni precedenti e i soldi nascosti nel lampadario di casa, così come avevano raccontato agli inquirenti i familiari della sedicenne.
A sollevare dei dubbi sulla prima ricostruzione è anche il medico legale Francesco Introna, che dall’autopsia originale non ha visto alcun trauma compatibile con una caduta fatale da quell’altezza. Solo lividi interni, una frattura al setto nasale e segni lievi sul collo. «Non poteva essere precipitata», sostiene Introna.
Ora, con le nuove analisi e l’indagine riaperta, la procura torna a Tuvixeddu e a scavare nelle ultime ore di vita di Manuela Murgia, in quello spicchio di Cagliari dove trent’anni fa si è consumato un dramma. Ma sullo sfondo resta il dolore di una famiglia che non ha mai smesso di cercare giustizia per una figlia negata troppo presto.