Sono scesi in piazza a Cagliari le educatrici e gli educatori che, da aprile, unendo le loro forze si sono riuniti nel Comitato dei diritti degli educatori professionali della Sardegna per promuovere la tutela di questa figura professionale troppo spesso «svalutata e dimenticata».

Stamattina sotto il palazzo del Consiglio regionale avrebbero voluto dialogare con la politica sarda per chiedere loro di «vagliare sugli appalti, predisponendo un regolamento che indichi i punti cardine su cui gli stessi si devono basare», spiega Roberta Colizzi, portavoce del comitato, che in pochi mesi ha già circa quattrocento adesioni a fronte dei circa mille educatori ed educatrici presenti nell’Isola.

«La nostra professionalità e accuratezza degli interventi educativi – prosegue Colizzi - richiede attenzione, osservazione, prontezza, capacità empatica ed analitica, qualità che nel lungo periodo minano la salute psico-fisica del professionista. Non va sottovalutata la necessità di un adeguato compenso remunerativo, attualmente di gran lunga al di sotto degli stipendi di altre professioni impiegati in altri ambiti lavorativi con pari titolo di studio».

Gli educatori lavorano quotidianamente con i diversi tipi di disagio da quello psichico e fisico a quello sociale ed economico. La situazione del servizio di assistenza di specialistica scolastica è, però, tra i servizi maggiormente manchevoli, in quanto le ore contrattuali non vengono retribuite per intero durante la chiusura delle scuole o quando gli alunni beneficiari del servizio sono assenti.

«Nei contesti socio-educativi e socio-sanitari i servizi sono gestiti per lo più da cooperative sociali che rispondono al relativo contratto nazionale», conclude la portavoce, «questo necessita urgentemente di un rinnovo dei termini contrattuali ed economici che consentano ai professionisti di svolgere il loro lavoro e la relativa funzione con dignità e serenità». 

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