Gianni Vodret, a 88 anni suona il pianoforte per i malati dell'Oncologico di Cagliari
Quella del pianista sull’oceano è una leggenda. Questa invece è la storia di Gianni Vodret. Ed è bella: lui ha 88 anni e suona per i malati di tumore. O per chiunque passi nell’atrio dell’ospedale Oncologico di Cagliari: pazienti, loro parenti, medici, infermieri, corrieri che entrano per una consegna. Basta che siano lì di lunedì o di mercoledì, dalle 10 alle 11: lui è chino sul pianoforte. A regalare musica. Scaletta d’altri tempi, raffinata. Perché lo fa? «Perché fa bene», dice. Fa bene agli altri e a lui. «E perché mi rende felice questa commozione che si crea. A volte chi ascolta si commuove. E mi commuovo anche io».
L’anziano al piano
Chi entra al Businco non è felice di farlo. Quelle note che arrivano alle orecchie quando si aprono le porte scorrevoli, se non fanno cambiare lo stato d’animo, fanno provare un’emozione. Mercoledì mattina nella hall, davanti all’ingresso, c’erano dei volontari impegnati nell’allestimento dello spazio di vendita delle stelle di Natale: servono per finanziare la ricerca. Lì tutto ha a che fare con la lotta al cancro. Poco a destra, impegnato sui tasti c’era “Gianni”, come l’ha chiamato in modo confidenziale una delle addette all’accoglienza che aveva appena finito il turno: «Ciao tesoro, ci vediamo lunedì», gli ha detto. Anche se non c’è scritto da nessuna parte, Gianni Vodret non manca mai l’appuntamento. Accompagnato da una delle figlie o da Roberta, la tuttofare che lo aiuta in casa («una splendida cuoca») è rigoroso: lui vuole suonare il pianoforte per chi passa all’Oncologico e si fa portare dalla sua casa di Monreale: «Non guido più», confessa. Bianchi capelli radi, viso affilato, maglione con i bottoni, dita lunghe, esegue “Champagne” prima di accorgersi che qualcuno vuole rivolgergli delle domande. È abituato al pubblico e a chi lo riprende con lo smartphone. E anche agli applausi che arrivano a fine canzone. Li accoglie con un sorriso timido.
Il “volontariato”
«Lavoravo in banca, mezzo secolo fa», racconta, «l’amore per la musica mi è stato trasmesso in famiglia». Autodidatta, ha il repertorio su un foglio a quadretti, scritto in stampatello con tratti tremolanti. Ci sono “Souvenir d’Italie”, “Ancora”, “Stranger in the night”, “Blue Moon”, “Tristezza” e tante altre. «Sono le stesse che suoniamo con un gruppo di amici, il mercoledì sera». L’età dei componenti del gruppo? «Il più piccolo ha 76 anni». Il suo cantante preferito: «Memo Remigi». Tra una risposta e l’altra, distoglie lo sguardo ed esegue un brano: il pianista di 88 anni sembra preferire la musica alle parole per comunicare chi è e qual è il suo intento. «Sì, ci sono pazienti che stanno qui a lungo, scendono quando sanno che ci sono», dice Vodret. Suonava anche alla stazione della Metro, a Monserrato: «In piazza Repubblica i vandali avevano distrutto il piano», ricorda con sdegno. Ma rispetto all’uditorio dei passeggeri, quello del Businco ha un altro senso: «In passato ho fatto volontariato all’ospedale civile. Ascoltavo e parlavo con chi stava male. Qui dall’estate scorsa faccio lo stesso con la musica. C’è tanta gente che passa, alcuni non tornano più. Suono per tutti». Buona parte si ferma, ascolta la sua musica. Sorride. L’ha fatto anche una donna in sedia a rotelle, con la mascherina sulla bocca: si è visto dagli occhi.