Gaza, la folla affamata assalta il centro distribuzione degli aiuti
Prima sono entrati uno dietro l'altro in fila lungo il percorso protetto da alte recinzioni di metallo, dentro una conca di terra gialla sbancata dalle ruspe militari. Le prime immagini da Tel Sultan a Rafah, nell'estremo sud di Gaza, hanno fatto vedere uomini di qualsiasi età che tornavano indietro ordinatamente con pacchi di cartone sulle spalle. Qualcuno in un video ha pure gridato "Viva l'America”. Poche ore, e arriva l'annuncio che il sito di distribuzione degli aiuti umanitari gestito dalla “Gaza humanitarian foundation (Ghf)”, aperto martedì per la prima volta, avrebbe chiuso alle 17.30. La folla in attesa fuori, e ancora prima ai posti di blocco di Hamas per impedire di raggiungere il centro, si è rifiutata di tornare indietro a mani vuote. Centinaia di persone, ragazzi, donne velate di nero dalla testa ai piedi, bambini, anziani hanno preso a correre verso i tavoli dov'era accatastato il cibo dentro gli scatoloni buttando giù le barriere.
Il caos si è alzato d'improvviso, una massa di corpi si è precipitata verso gli aiuti che aspettava dal 2 marzo. Quando il governo israeliano ha chiuso i valichi verso la Striscia affermando che i 25mila tir entrati in due mesi di tregua bastavano per un bel po'. Le guardie di sicurezza della compagnia americana che vigila sulle consegne si sono date alla fuga per non essere sopraffatte. Più in là, oltre la cancellata, gli operatori americani hanno sparato colpi in aria.
I media di Hamas hanno subito cavalcato il pandemonio, per primi hanno pubblicato le scene della ressa irridendo il nuovo meccanismo di aiuti, sostenuto da Israele e dagli Stati Uniti, descrivendo il centro come già distrutto, con gli elicotteri dell'Idf che sparavano dall'alto. Più tardi il portavoce dell'esercito ha smentito con fermezza «la notizia diffusa da Hamas: l'Idf non ha sparato dall'alto contro il centro di distribuzione», ha detto.
La società americana ha cercato di minimizzare dichiarando che alla folla è stato consentito di prendere i pacchi con il cibo. Poi, disordine confusione sono rientrati, il centro ha fatto sapere gli orari di apertura di domani. L'Onu è intervenuta definendo "strazianti" le immagini degli sfollati in cerca di cibo: «Abbiamo visto questi video, persone disperate a ricevere aiuti in queste condizioni» che le Nazioni Unite considerano in contraddizione con i principi umanitari. Parole cui hanno ribattuto gli Usa: sono «il colmo dell'ipocrisia», ha detto la portavoce del dipartimento di Stato americano, Tammy Bruce, mentre il capo del Cogat, il coordinamento israeliano per gli aiuti alla Striscia, denunciava che «oltre 400 camion di aiuti umanitari attendono di essere ritirati immediatamente dall'Onu al valico di Kerem Shalom». Il responsabile, Rassan Alyan, ha accusato le Nazioni Unite di essersi astenute negli ultimi giorni dal compiere il proprio dovere e di «continuare invece a diffondere informazioni errate e fuorvianti sulle difficoltà umanitarie».