«Un pannolone al posto del collare». La madre della minorenne investita qualche giorno fa a Nuoro mentre andava a scuola usa poche parole per descrivere il primo intervento riservato alla figlia al Pronto soccorso del San Francesco. «Al di là dello spavento e del fatto di per sé, la situazione in cui ci siamo imbattute all'ospedale è stata traumatica». A dieci giorni dall'incidente, la donna, 41 anni, ha deciso di denunciare quanto accaduto descrivendo in maniera dettagliata le suppliche rivolte al personale per ottenere assistenza in un momento di emergenza come quello. E in attesa di trovare qualche giustificazione, dalla Asl 3 di Nuoro non possono far altro che scusarsi con la ragazza e la sua famiglia.
Il racconto
«Questa esperienza ha segnato profondamente mia figlia e me come genitore in preda alla disperazione e preoccupazione - dice la donna, 41 anni (non ne riveliamo il nome per tutelare la ragazza minorenne, ndr ) -. Il triage è avvenuto alle 8.49, la diagnosi era quella di trauma craniofacciale e ferita profonda sopra l'occhio. Il codice era azzurro, e mia figlia, di soli 16 anni, è stata “parcheggiata” in sala barelle senza nessun tipo di assistenza per sette interminabili ore. Oltre al fattore tempo, si aggiunge l'assenza di materiali base. Infatti, mia figlia è rimasta senza salviette per pulire il sangue dalle mani, senza coperte, e controlli nemmeno per le richieste di un medicinale per il mal di testa. Ciliegina sulla torta, le hanno messo un pannolone al posto del collare, forse per assenza di materiali, ma quanto accaduto dovrebbe far riflettere tanto sulle condizioni in cui versano i nostri ospedali». Nel pomeriggio, la ragazza è stata visitata per poi tornare in sala barelle circa due ore e mezza dopo. Ha eseguito radiografia e tac, e in seguito è stata sottoposta a una visita oculistica con trasferimento diretto in sala operatoria per la sutura della ferita riportata sul volto (ore 21). «Ben 12 ore dopo - dice la madre della ragazza - è stata rimandata in Pronto soccorso e ricoverata in osservazione breve intensiva fino all'indomani. Non sono mancati gli scontri accesi».
Il monito
Il giorno dopo la ragazza è stata visitata dal medico del reparto di Otorinolaringoiatria, che ha messo la parola fine a un'esperienza sfiancante. «Mai come quel giorno mi sono sentita privata dell'assistenza, cura e sanità - afferma la madre -. Nessuno dovrebbe vivere tutto questo, nessuno dovrebbe supplicare per poter essere curato. Come mia figlia tanti altri, assistiti per ore solo da chi li accompagnava. Nessuno dovrebbe recarsi in un Pronto soccorso in cui ha bisogno di urlare, supplicare, per essere ricoverato e assistito. Mi vien da pensare che, forse, abbiamo perso l'umanità». Non solo aspetti negativi. La donna e sua figlia riconoscono di aver trovato una condizione precaria e priva di materiali e assistenza base nel Pronto soccorso, ma una volta giunte nei reparti si sono imbattute in un personale disponibile, sensibile e efficiente. «In mezzo a tutta la brutta esperienza», dice la donna, «mi sento di ringraziare i medici e il personale sanitario dei reparti di Radiologia, Oculistica e Otorinolaringoiatria, che hanno dimostrato di essere, al di là delle difficoltà del sistema sanitario, persone che lavorano con coscienza e umanità. Siete uno spiraglio di luce nella sanità malandata di oggi».
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