Confartigianato.

L’export sardo va in retromarcia 

Il settore manifatturiero a -17,5% rispetto a un anno fa. Bene la moda 

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L’export manifatturiero della Sardegna ha tirato il freno. Nella dinamica semestrale le vendite all’estero di prodotti sardi - alimentari, legno, mobili, tessili, prodotti in metallo, abbigliamento e gioielli, ma anche benzine e prodotti della raffinazione - fanno segnare un preoccupante -17,5% rispetto allo stesso periodo del 2024. Il dato colloca l’Isola all’ultimo posto della classifica nazionale, aperta dalla Toscana con +12,4%, a seguire Abruzzo con +10,2% e Campania con +2,2%, contro il +2% nazionale. Da sottolineare che questi trend sono condizionati positivamente dalle vendite di farmaceutici.

Boom del Centro Italia
Per l’Isola l’andamento resta negativo se si prendono in considerazione le esportazioni delle micro, piccole e medie imprese. Il dossier segnala un -29,8% delle vendite sarde (sempre rispetto al 2024) in una classifica aperta da Lazio (+7,8%) e Umbria (+6,8%) contro la media nazionale di -1,2%. I dati arrivano dall’analisi realizzata dall’Ufficio Studi di Confartigianato Imprese, su fonte Istat del primo semestre 2025, sulle vendite dei prodotti sardi all’estero.

La Cina è lontana
Analizzando i diversi settori si segnala però un passo in avanti per la moda sarda, che segna un +0,8% contro una media nazionale del -3,8%. Questa classifica è aperta del +8.4% dell’Umbria e chiusa dal -44,9% del Molise. Bene anche le vendite della meccanica isolana, con un +4,9%, nella classifica aperta dalla Toscana con +11,1% (media nazionale del -1,8%). L’analisi mette anche in evidenza il positivo andamento delle esportazioni sarde verso la Germania, con +83,1% che pone l’Isola al secondo posto dopo il Friuli (+93,7%) rispetto a una media nazionale del +2,3%. Al contrario le brutte notizie arrivano dalle vendite in Cina: qui le esportazioni manifatturiere sarde segnano un -58,3% (con l’Italia in frenata del 14%).

«Preoccupante»
Giacomo Meloni, presidente di Confartigianato Imprese Sardegna, parla di «una tendenza che preoccupa» e suggerisce «la necessità di un rinnovato impegno a sostegno dell’internazionalizzazione, con azioni mirate a rafforzare la competitività delle imprese, consolidare i mercati già presidiati e individuare nuove traiettorie di sviluppo. Serve rifinanziare le missioni all’estero e le iniziative innovative per accompagnare sui mercati internazionali l’artigianato e le piccole imprese».

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