La storia.

«L’eutanasia è libertà» Alghero, l’appello di un uomo di 53 anni 

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Non è la morte a far paura a Giovanni Luzzu. È la vita che gli è rimasta. Una vita fatta di immobilità, di mani che non rispondono, di parole che faticano a uscire. «Vivere così non è vita», dice. E con la calma di chi ha già fatto i conti con tutto. «L’eutanasia? Oggi è la mia vera libertà». Ogni mattina si sveglia sperando di non doverlo fare. Non per mancanza d’amore, non per cinismo, ma perché la vita che gli resta non assomiglia più alla vita che conosceva. Giovanni Luzzu, ha 53 anni, e da quasi sei è ostaggio di una malattia che gli ha rubato prima le gambe, poi le braccia, infine gli sta portando via anche la voce.

Con un tono pacato, con il fiato corto, con la dignità che solo chi soffre conosce davvero. La sua è la storia di un ragazzo sardo partito a 14 anni verso Roma per cercare un futuro, 35 anni di lavoro poi la malattia e il ritorno ad Alghero. Nel 2019 la diagnosi: una patologia del motoneurone, un gruppo di malattie neurodegenerative che colpiscono i neuroni motori e che spesso conducono a una disabilità progressiva, talvolta evolvendo in Sla. Ha chiesto aiuto all’associazione Luca Coscioni. Ha pensato anche alla Svizzera, dove il suicidio assistito è legale, ma i costi - 15, 20 mila euro - sono una montagna impossibile da scalare. «Non me lo posso permettere», dice con un’amarezza, quasi disarmante.

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