Washington. Pete Hegseth, sempre più nella bufera per i raid Usa nel Mar dei Caraibi, difende gli attacchi contro le navi dei presunti narcotrafficanti che trasportano la droga negli Usa. E assicura: «Continueremo a ucciderli» con il sostegno di Donald Trump, che in qualità di presidente può «ordinare azioni militari come ritiene opportuno». «Questi narcoterroristi sono gli Al Qaida del nostro emisfero e continueremo a dar loro la caccia proprio come abbiamo fatto con Al Qaida: li troveremo e li uccideremo fino a quando avveleneranno la nostra gente con narcotici così legali da essere paragonabili ad armi chimiche», ha detto Hegseth dal palco del Reagan National Defense Forum, dal quale è tornato ad affrontare anche il raid del 2 settembre, ritenuto da molti un vero e proprio crimine di guerra. L’imbarcazione, che non era neanche diretta verso gli Stati Uniti ma in Suriname, è stata colpita ripetutamente per uccidere i sopravvissuti al primo raid: gli ordini di colpire sono arrivati dall’ammiraglio Frank Bradley dopo che si era consultato con un legale e nonostante i sopravvissuti a bordo si fossero fatti notare. «Prenderei la stessa decisione», ha ribadito Hegseth difendendo Bradley, ritenuto da molti un capro espiatorio della Casa Bianca per salvare il capo del Pentagono, già travolto dallo scandalo delle chat su Signal. Trump si è impegnato a pubblicare il video integrale di quanto accaduto il 2 settembre per sgombrare il campo dai dubbi, ma Hegseth ha preso tempo: «Lo stiamo visionando». La lotta alla droga è una delle priorità dell’amministrazione, che non esclude la possibilità di colpire il Venezuela nell’ambito della battaglia al traffico degli stupefacenti. Hegseth ha sposato la linea dura del presidente sui narcos e ne è divenuto l’esecutore. Il Pentagono - come previsto dalla nuova strategia per la sicurezza nazionale - sarà più concentrato nell’Emisfero Occidentale e «non sarà distratto dalla costruzione di democrazia, dalla guerre infine e dai cambi di regime. Metteremo prima di tutto i nostri interessi. Basta con l’idealismo utopico. È ora del realismo duro e puro», ha spiegato criticando la politica estera americana del periodo successivo alla Guerra Fredda.
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